Archivio per giugno 2011

Il Grande Libro dell’Opera Lirica

Una pubblicazione che si pone, per gli appassionati dell’opera italiana dell’Ottocento, su un piano di notevole importanza e che segnalo come ideale completamento dei miei post dedicati alle integrali librettistiche di Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi, sia perché il poderoso volume in questione contiene libretti di difficile reperibilità ma di estremo interesse per l’appassionato del Belcanto romantico, sia perché il volume stesso è divenuto di difficile reperibilità, non essenso più in catalogo per la Newton & Compton. Un peccato, perché dopo un’agile introduzione a cura di Piero Mioli (in cui si recupera uno studio del nostro pubblicato anche nella mitica collana 100 pagine 1.000 lire), il librone fornisce cento libretti del massimo interesse, a volte in edizioni molto particolari (come  nel caso de Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, di cui si pubblica un testo francese in cui si sopprime l’Atto di Giulietta inserendo la Barcarola in quello di Antonia, come sottofondo alla disperazione di Crespel affacciato alla finestra; nella versione italiana, però, l’Atto di Giulietta torna al suo posto) facendo seguire ai cento testi un agile Dizionarietto biografico dei librettisti e dei musicisti.
Accanto alle “solite” hits come Aida, Norma e Lucia di Lammermoor appaiono nell’antologia anche una serie di libretti di opere di raro ascolto, che riporto in rigoroso ordine alfabetico limitandomi ai titoli più particolari e interessanti nell’ambito del repertorio ottocentesco italiano:

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Opera al Cinema

Segnalo a chiunque fosse nei pressi di Macerata il prossimo appuntamento con l’opera lirica trasmessa in HD al Cine Teatro Italia (via Gramsci n°25, Macerata).
Il 29 giugno, alle 20.00, è prevista Ariane et Barbe-Bleu di Paul Dukas dal Gran Teatre de Liceu di Barcellona.


Interpreti principali: Jeanne-Michèle Charbonnet, Katarina Karnéus, Patricia Bardon e Jane Dutton
Dirige Stéphane Denève, regia di Claus Guth.
Dalle 19.30, per chi vorrà, una breve introduzione all’opera a cura del sottoscritto.
Per info e prenotazioni potete contattare i seguenti numeri: 0733/237472 o 340 84 76 106
Costo del biglietto 12 euro

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Tutti in Maschera di Carlo Pedrotti

Carlo Pedrotti, chi era costui? Il compositore veronese (nato nel 1817 e morto suicida, sempre a Verona, nel 1893) oggi è un nome quasi ignoto ma fino al secondo dopoguerra non era infrequente veder spuntare il suo nome nelle sale da concerto, legato alla frizzante Sinfonia dell’opera buffa Tutti in Maschera. L’opera buffa in questione, riconosciuta come il capolavoro dell’artista, andò in scena a Verona nel 1856 e conobbe anni di grande popolarità, trovando spazio e repliche anche fuori dall’Italia, sempre accolta con favore e divertimento dal pubblico ma, per molti anni, la sua conoscenza si era limitata a una segnalazione nei libri di storia della musica. Nel 2007 l’opera di Pedrotti venne allestita a Savona in coproduzione con altri teatri italiani e con il Festival irlandese di Wexford e la bolognese Bongiovanni ha pubblicato un dvd di quelle recite, permettendo quindi a ognuno di poter accostarsi alla musica del compositore veronese e agevolando una conoscenza di prima mano dell’opera.

Un’opera che è strana e affascinante per vari motivi: innanzitutto è un’opera buffa nata in un momento molto particolare, ovvero in quegli anni che di solito vengono considerati di pausa tra l’ultima opera buffa della tradizione italiana (il donizettiano Don Pasquale del 1843) e il verdiano Falstaff di fine secolo; alla prova dell’ascolto, Tutti in Maschera si rivela essere prodotto indubbiamente minore, ma non per questo privo di fascino e di meriti. L’opera, inoltre, vive di un miscuglio di stili vocali eterogeneo e particolare: una sorta di rossinismo donizettiano impastato con echi melodici la cui robustezza risente inevitabilmente del passaggio delle opere verdiane ma all’insegna di una brillantezza di scrittura e di composizione assai personale, già presaga della futura stagione operettistica che trionferà soprattutto nei primi anni del XX secolo.

Carlo Pedrotti sarà comunque maggiormente ricordato non tanto come compositore, ma soprattutto per la sua meritoria attività di direttore d’orchestra a Torino (oltre a imprimere un bello slancio alla diffusione e al rilancio nella penisola della musica sinfonica sarà anche il direttore della “prima” italiana di Carmen) anche se l’ascolto della sua opera più celebre consente di formarsi un giudizio personale e non necessariamente negativo, data l’euforia della vicenda e la comunicativa dell’inventiva musicale.

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Upcoming

Nuove collaborazioni in vista per Non solo belcanto: il prossimo post, dedicato a Tutti in Maschera di Carlo Pedrotti sarà accompagnato dalle splendide foto di Lucia T. Sepulveda, il cui sito vi consiglio di visitare.

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Tutti i libretti di Donizetti

Anche se la Newton aveva immesso nel suo catalogo le edizioni integrali dei libretti di Rossini, Bellini e Verdi (tutte pubblicate alla fine degli anni ’90) non compì mai l’atteso passo di consegnare alle stampe un’integrale testuale donizettiana. Forse furono proprio la complessità e l’enormità del materiale relativo al musicista bergamasco a impedire l’impresa, o chissà cosa: un’integrale dei libretti di Donizetti, comunque, è stata per qualche tempo reperibile per la Garzanti, nell’ambito di una serie di integrali librettistiche in cui, prima di Donizetti, erano già stati pubblicati Verdi, Mozart, Puccini, Rossini e Wagner. Il volume, a cura di Egidio Saracino ed edito nel 1993, è oggi rintracciabile esclusivamente presso librerie specializzate in rimanenze perché, ovviamente, è fuori catalogo. Rispetto alle edizioni della Newton questa della Garzanti si segnala non solo per il prezzo (ovviamente più caro) ma anche per l’assenza di Appendici con arie alternative che, c’è da giurarlo, avrebbero fatto quantomeno raddoppiare il numero delle pagine complessive (che già così si attesta attorno alla rispettabile cifra di 1307, cui si aggiungono le 38 della Prefazione). Dal 1993 ad oggi lo studio delle fonti donizettiane ha compiuto passi da gigante, sia per quel che riguarda la riscoperta di versioni alternative e inedite (a volte a essere scoperte sono state addirittura intere opere), sia per la definizione dell’importanza storica di Gaetano Donizetti nell’ambito dell’opera italiana del Primo Ottocento. Indubbio che un contributo ulteriore in questo senso lo abbia fornito proprio la pubblicazione di Saracino che, venendo dopo quasi quarant’anni di ininterrotta “Donizetti Renaissance”, forniva uno strumento prezioso e indispensabile a studiosi e appassionati, ponendosi nella Prefazione questioni estetico – storiche quanto mai pregnanti:

Ed ecco allora prendere maggior consistenza l’indebitamento verdiano nei confronti di Donizetti dentro i cui spartiti sono radicate pure certe esigenze del comporre di Verdi, la più evidente fra tutte è quell’ossessiva ricerca nei libretti della cosiddetta “parola scenica”. […] che sia Verdi un “postdonizettiano”?

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I Quadri di Bellini – 2 – Norma

Rispetto a Sonnambula il clima estetico e espressivo di Norma appare meno problematico e ambiguo: di fatto Norma (altro libretto di Felice Romani) è un’opera che pone anche meno problemi ai registi che, di volta in volta, possono decidere di ambientare la vicenda della spergiura sacerdotessa druidica in un clima neoclassico, romantico, borghese, futuristico persino… Una simile varietà espressiva è data dalla robusta solidità del soggetto, che riesce a mantenere uno stabile equilibrio strutturale pur non rinunciando a un deciso affondo nella tradizione delle maghe schernite e/o sacerdotesse spergiure, mediando la narrazione con una nuova umanità della sua protagonista. Lo stesso Bellini, del resto, aveva le idee chiare nello scrivere a Giuditta Pasta (creatrice del ruolo) a proposito del soggetto:

Romani lo crede di grande effetto e proprio pel suo carattere enciclopedico, perché tale è quello di Norma. Egli imposterà in modo le situazioni che non avranno alcuna reminiscenza con altri soggetti, e toccherà, e sino cambierà dei caratteri se la necessità lo richiederà per cavarne più effetto.

Il modello principale del libretto di Romani è un dramma francese di Alexander Soumet, Norma, ou l’Infanticide, che unisce svariate suggestioni mitiche e storiche:

  • la donna tradita e potenzialmente infanticita (Medea);
  • il tema della sacerdotessa spergiura ai propri voti (Vestale di Spontini);
  • il clima celtico, che occhieggia alla mitica Valléda di cui anche Chateubriand parla nei suoi Martyrs.

Questo breve elenco di “precedenti” definisce benissimo le motivazioni per cui il soggetto possa definirsi al tempo stesso uguale a nessun altro e “enciclopedico”.

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Opera al cinema

Segnalo a chiunque fosse nei pressi di Macerata il prossimo appuntamento con l’opera lirica trasmessa in HD al Cine Teatro Italia (via Gramsci n°25, Macerata).
Il 13 giugno, alle 20.00, è previsto il Macbeth di Giuseppe Verdi dalla Royal Opera House di Londra.
Interpreti principali: Simon Keenlyside, Liudmyla Monastyrska e Raymond Aceto
Dirige Antonio Pappano, Regia di Phyllida Lloyd
Dalle 19.30, per chi vorrà, una breve introduzione all’opera a cura del sottoscritto.
Per info e prenotazioni potete contattare i seguenti numeri: 0733/237472 o 340 84 76 106
Costo del biglietto 12 euro

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I Quadri di Bellini – 1 – La Sonnambula

Una delle opere più strane e affascinanti all’interno del parco catalogo belliniano è, indubbiamente, La Sonnambula: affascinante perché non si può non rimanere colpiti dalla sottile poesia che emana dalla sua musica, strana perché il libretto appare ai nostri smaliziati occhi contemporanei come discutibile, nel migliore dei casi, o come una sfilza di imperdonabili scemenze nobilitate dall’altezza della musica, nel peggiore. In realtà illustri studiosi (v. Bibliografia a fine pagina) hanno ormai da tempo sdoganato il capolavoro belliniano, ricostruendone con perizia il particolare e sfuggente clima espressivo in pagine interessanti e toccanti. Rimandando ai saggi indicati in Bibliografia per un discorso più approfondito provo a riassumere in poche righe: il libretto di Felice Romani venne tratto da La Somnambule ou L’arrivée d’un nouveau seigneur, un ballet-pantomime di Eugène Scribe e Pierre Aumer (1827) nonché da La Somnambule, comédie-vaudeville dello stesso Scribe e Germain Delavigne (1819) e, nell’attraversare le Alpi, il soggetto vide modificare radicalmente il proprio clima espressivo, anche grazie alla particolare poetica belliniana, immersa in evidenti richiami a modelli settecenteschi mescolati e rapide folate già pienamente romantiche. Bellini, prima di tutto, prende decisamente sul serio il libretto di Romani, in cui le connotazioni cittadine e piccanti (in una parola: borghesi) dei lavori di Scribe vengono dismesse in favore di un clima idillico e arcadico: l’atmosfera, soprattutto per quel che riguarda il coro, è quasi settecentesca nella bonaria e semplicistica descrizione della psicologia degli abitanti del villaggio, che ondeggiano tra sapidi tratti ironici e atmosfere in cui aleggia un delicato clima di mistero. Si tratta di un mondo perduto e, forse, mai esistito, contemplato con struggente nostalgia e in cui si innesta la figura dell’intellettuale Rodolfo, a metà tra il promeneur solitario e l’intellettuale illuminista, che spiega con razionalità ciò che la semplicità degli abitanti non riesce a capire, ovvero il sonnambulismo. Nulla turba troppo radicalmente questo delicato microclima e, tantomeno, non poteva farlo la scoperta che rendeva Amina figlia del Conte Rodolfo: nel rinunciare a questo snodo drammaturgico Bellini, volendo evitare la scena in sospetto d’incesto della protagonista sonnambula in camera del Conte, accentua quel clima nostalgico nei confronti di un mondo incontaminato descritto con una musica che Degrada felicemente definì “religiosa” (“religione del sentimento, degli affetti, della fraterna e partecipe comunità degli spiriti con il mondo dell’uomo e della natura”).

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