A proposito di Belisario, e in attesa dell’allestimento del Bergamo Musica Festival, nonché della prossima registrazione integrale della Opera Rara, segnalo un interessante recital (edito sempre da Opera Rara) di una delle mie artiste preferite, la rumena Nelly Miricioiu, in cui è contenuto proprio il gran finale dell’opera eseguito nell’edizione critica di Ottavio Sbragia. L’ampia scena conclusiva del Belisario è al centro di un disco molto originale nell’impaginazione, come è la regola per la vivace etichetta inglese, e decisamente convincente nell’esecuzione. Nelly Miricioiu affronta stralci da quattro parti grandiose, pensate per tre autentiche divine dell’800, a cominciare dalla mitica Caroline Unger, soprano ungherese e tra le dive predilette da Gaetano Donizetti: per lei il musicista bergamasco compose non solo il Belisario (1836) ma anche la splendida Parisina (1833), di cui nell’album si esegue il bellissimo “Sogno” del II Atto. Per Giuditta Pasta venne invece composta l’Emma d’Antiochia di Saverio Mercadante (1834), la cui originale scena finale (che fa seguire all’aria e cabaletta della primadonna un particolare duetto femminile) è compresa nella registrazione, assieme a un’aria composta da Sir Michael Costa per la prima londinese de L’assedio di Corinto di Gioachino Rossini (1834) e destinata al virtuosismo e alla bravura della mitica Giulia Grisi.
Da questa scaletta non facile, non scontata e sicuramente non formata da brani di immediata popolarità Nelly Miricioiu esce con tutti gli onori dovuti a un’artista raffinata ed eclettica quale ha sempre dimostrato di essere. Per il soprano rumeno non nego di avere un debole: la trovo e l’ho sempre trovata cantante seria e onesta, coraggiosa nel mettersi continuamente in gioco con opere semisconosciute (l’Emma d’Antiochia, poi incisa integralmente per la Opera Rara poco dopo questo recital, ne è un esempio) in un repertorio vastissimo. Non sempre i risultati sono stati eccellenti, ma questo disco è bellissimo per l’esecuzione vocale e per la cura meticolosa ed espressiva del fraseggio. Nella voce della Miricioiu, non fascinosa ma espressiva e toccante, si ritrova la lacerazione di Parisina, persa dietro la contemplazione di un impossibile sogno di felicità, così come lo strazio di Antonina, antipatica figura di delatrice che viene letteralmente linciata dalla folla durante la furibonda cabaletta finale.
L’ottima resa ottenuta in questi brani donizettiani non è seconda a quella del gran finale dell’opera di Mercadante, in cui la Miricioiu è coadiuvata dalla brava Mary Plazas e applica il suo belcanto “eroso” e sofferente alla convulsa figura mercadantiana, facendone un ritratto molto originale. Inevitabile che a spiccare meno sia la scena di Costa, che doveva sostituire a Londra l’apertura del II Atto dell’assedio di Corinto, anche se la minore evidenza dell’esecuzione non avviene certo per colpa della Miricioiu: il brano è infatti genericamente gradevole, ma tutt’altro che indimenticabile nel suo vacuo virtuosismo e viene da chiedersi perché la Grisi non abbia voluto cantare l’originale rossiniano pretendendo un’aria nuova di livello non esaltante. A completare l’ottima riuscita del disco è la scelta di incidere le quattro scene nella loro integrità con “comprimari” di lusso, dato che oltre alla già citata Plazas spiccano i nomi di Ildebrando D’Arcangelo e Alice Coote, all’epoca dell’incisione (effettuata nel 2000) non ancora divi internazionali come oggi. David Parry guida la Philharmonia Orchestra con la consueta ed invidiabile conoscenza del repertorio ottocentesco.
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#1 di icittadiniprimaditutto il 21 luglio 2012 - 11:19
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