Archivio per dicembre 2012

Buon 2013!

Che la fine di questo 2012 possa essere festosa e, visto che quanto mi ero augurato 365 giorni fa per l’anno che sta finendo non si è avverato, stavolta direttamente non mi auguro nulla, ma propongo l’ascolto di un’ospite d’eccezione al ricevimento di un Fledermaus d’eccezione:

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Scioperi

Ho il computer di nuovo in sciopero. Chi conosce un buon esorcista si faccia avanti, grazie.

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Buon Natale!

Chi mi conosce sa che non sono una persona particolarmente legata al clima di festa di questi giorni: per motivi miei (che restano miei) non amo molto il Natale e non partecipo dell’ansia di farsi per forza gli auguri o, peggio, regali inutili. Per tutti coloro che non la dovessero pensare come me… c’è comunque questo post, con tanto di gift musicale. 😉 Auguri di Buone Feste per la Vigilia di oggi e la Festa di domani.

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Maria Callas: Callas at La Scala

Callas at La ScalaIn quasi due anni di attività del blog questo è il primo post che dedico all’arte di Maria Callas. Una mancanza per certi versi imperdonabile, dettata dalla mia personale idiosincrasia nei confronti dei “vedovi” più intransigenti, quelli che ritengono la mitica greca interprete incomparabile anche dei ruoli che non ha cantato, perché se li avesse cantati allora sì che non ci sarebbe stato spazio per nessuno. Il risultato del mio confronti con alcuni di questi “vedovi” è che per qualche periodo ho messo un po’ la Callas da parte, salvo poi riscoprirla come si riscopre un amico da cui ti eri allontanato per un’incomprensione indipendente dal vostro rapporto e, dato che negli ultimi tempi è stato questo il disco che è finito più volte nel mio lettore, questo propongo come “debutto” callasiano su queste pagine. Callas at La Scala  (attualmente disponibile nel catalogo Emi solo all’interno di un poderoso cofanetto che raccoglie tutti i recital in studio della Divina) nacque come una sorta di fotografia dei ruoli che, nel 1955, il soprano aveva portato in scena nel massimo teatro milanese: Medea di Luigi Cherubini nel 1953, La Vestale di Gaspare Spontini nel 1954 e La sonnambula di Vincenzo Bellini nello stesso anno, 1955, in cui ebbero luogo le sessioni di registrazione del disco in questione. La cosa curiosa, tuttavia, è che la Callas non si reputò soddisfatta del risultato ottenuto con le due grandi arie di Amina, tanto che ne vietò la pubblicazione e la Emi, che all’epoca aveva già in catalogo due album della Callas, Puccini Arias e il mitico Lyric and Coloratura Arias, pubblicò solo le arie di Medea e Vestale nel 1958, unendole alle arie di Amina tratte dalla registrazione integrale con la direzione di Antonino Votto. Ascoltando la sua Amina pudica e dolente si resta sorpresi e quasi stupiti del divieto callasiano, dato che si tratta di un’interpretazione ovviamente notevolissima (e che, per la cronaca, venne commercializzata dalla Emi un anno dopo la sua morte, aspettando il ventennale del 1997 per ristampare il disco così come avrebbe dovuto essere concepito in origine).

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Pronti per oggi?

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Un viaggio inaspettato e una noia prevedibile

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Il blog si chiama Non solo Belcanto e difatti ecco un post che col Belcanto non ha niente a che fare, dato che riguarda la nuova fatica di Peter Jackson, ovvero il primo capitolo di una trilogia cinematografica tratta dal bellissimo The Hobbit di Tolkien, ovvero Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato. Chi scrive è sempre stato un tolkieniano della prima ora, lettore e rilettore accanito non solo della Trilogia del Signore degli Anelli ma anche di tutte le altre opere del grande autore britannico: per queste ragioni non ho affatto amato la banalizzazione e la barbara (per me ovviamente) semplificazione che Jackson ha dato delle complesse tematiche del Signore degli Anelli così come si sono viste nella trilogia di dieci anni fa. Quando è stata annunciata una nuova trilogia (che barba… ma i film autoconclusivi ci fanno veramente così schifo?) tratta da Lo Hobbit in molti hanno pensato che fosse un’astuta mossa di marketing di un regista furbacchione, complice degli studios nell’allungare il brodo di un romanzo molto breve e stringato nel tentativo di ripetere il clamoroso successo al botteghino degli altri film fregandosene altamente e bellamente di cose come ritmo narrativo, rischio di logorrea in dialoghi e inquadrature, sfilacciamento della tensione del racconto. Quei molti avevano ragione. Le (basse) aspettative sono state infatti confermate in pieno. Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato è più che un film brutto: è noioso, lento, non ha il ritmo dell’action movie né la visionarietà del kolossal, gli effetti speciali sono talmente invasivi da far sembrare i dialoghi un contorno alla spettacolarità della tecnologia avanguardistica del 3D a 48 fotogrammi al secondo (che mi dicono spettacolare… sarà, io l’ho visto in 2D), la sceneggiatura arranca lentamente, “come del burro spalmato su di una fetta di pane troppo grande” (tanto per rimanere in clima tolkieniano) e la lunghezza della pellicola (che è lenta, lenta, lenta e sembra non finire mai) nemmeno aiuta nella definizione dello spazio geografico in cui si muovono i personaggi: ma Dol Guldur non dovrebbe essere a Bosco Atro (ovvero oltre le Montagne Nebbiose)? E che necessità c’è di sviluppare la (brutta) figura dell’orco albino? E perché Radagast il Bruno è presentato come un figlio dei fiori andato a male? E perché appesantire l’inizio con quella lunga (infinita) sequenza di Bilbo che da l’impressione di essere stata messa solo per allungare il brodo? E perché, infine, inserire infodump sotto forma di flashback che interrompono la narrazione per minuti interi?

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Il recital in una camera

Ho in più occasioni espresso (ad esempio parlando delle composizioni di Rossini, Verdi e Crescentini) la mia passione per la produzione di musica vocale da camera di autori italiani. Resto in tema, per l’occasione, segnalando un vecchio LP (che non mi risulta mai essere stato riversato in cd) del soprano Elvidia Ferracuti registrato a Recanati il 6 ottobre 1986 con l’accompagnamento al piano di Paola Mariotti: il programma del recital alterna celeberrime pagine rossiniane dalle Soirées Musicales a due bellissimi frammenti donizettiani (La Gondoliera e La Fidanzata) chiudendosi con tre verie e proprie chicche come la romanza del livornese Fabio Campana La Veglia e due frammenti del tolentinate Nicola Vaccaj: l’aria Il Cosacco del Volga e la romanza “Alle più tristi immagini” dall’opera Virginia, riscoperta dalla stessa Ferracuti che ne ha anche curato la riduzione per canto e piano dalla partitura originale per orchestra. Soprano marchigiano, nata a Petritoli (Fermo) nel 1935 e residente a Pesaro, Elvidia Ferracuti è affettuosamente conosciuta come la “Rosina delle Marche”, in omaggio al suo ruolo rossiniano più eseguito e amato, oltre che all’attaccamento alla regione in cui è nata: con questo post mi piace ricordare anche il suo impegno come concertista e ambasciatrice delle composizioni da camera che, spesso, rivelano insospettabili tesori nascosti. Un piccolo tesoro nascosto è anche questo bel recital, che temo non abbia affatto goduto di grande diffusione, mentre si rivela molto gradevole e interessante.

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Appendice al Mosè in Egitto pesarese

Mosè in Egitto DVD CoverAvevo già parlato del bellissimo (almeno per quanto mi riguarda) Mosè in Egitto che, con la regia di Graham Vick, aveva costituito il centro del Rossini Opera Festival nell’edizione del 2011. Quello spettacolo è ora disponibile sia in dvd che in blu-ray, per la Opus Arte, che ne ha curato, assieme alla Unitel, un’eccellente ripresa video. Ovviamente assistere allo spettacolo dal filtro del dvd (anche se la regia video di Tiziano Mancini fa miracoli per cercare di rendere al meglio un allestimento così ricco di particolari e così denso di significati) non è la stessa cosa che vederlo dal vivo, tanto più se si parla di una produzione che, a cominciare dalla scena, era pensata in maniera tutt’altro che tradizionale, cercando il coinvolgimento del pubblico come in un happening: anche se questo aspetto viene inevitabilmente meno durante la visione del dvd è comunque un bene che sia rimasta una documentazione in ottima qualità sia video che audio di uno spettacolo così controverso e personale. È probabile che tra pochi anni la regia di Vick possa apparirci invecchiata; è possibile che (per la sua estrema complessità) appaia impossibile riprendere lo spettacolo, preferendo mantenere il ricordo della sua carica dirompente del 2011 piuttosto che rischiare di annacquarlo con un riallestimento dall’esito incerto; è ipotizzabile che chi abbia trovato irritante la decontestualizzazione operata da Vick non sia spinto a cambiare idea dalla visione del dvd… eppure mi sento lo stesso di consigliare la visione di questa fortissima lettura del Mosè in Egitto che, alla sua visione in tv, mi ha colpito e commosso quanto alla visione teatrale. Insomma, tra chi ha stroncato e chi ha esaltato questa produzione (tra l’altro anche Premio Abbiati 2011) non credo sia necessario specificare da quale parte mi pongo. Restano, ed era inevitabile, le perplessità per il taglio dell’aria di Amaltea “La pace mia smarrita” e di quella di Mosè “Tu di ceppi m’aggravi la mano”: la prima venne riciclata dal Ciro in Babilonia e la seconda non è autografa, ma queste scelte avrebbero potuto essere spiegate con maggior cura nel “Making of” che correda il dvd; resta anche la delusione per una performance vocale nel suo complesso francamente debole, solo in parte riscattata dalla forza dell’allestimento e dalla bellissima direzione di Roberto Abbado. Nonostante questi limiti (che non sono certo di poco conto) il dvd è comunque da vedere, anche se, per l’angolo della polemica, segnalo che, nonostante si tratti di un’opera italiana cantata in italiano e registrata in Italia, mancano dal menu i sottotitoli in italiano… tal dei tempi il costume.

Clicca qui per leggere Caino & Caino, il post di NSB dedicato al Mosè in Egitto con regia di Graham Vick.

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Girolamo Crescentini: Cantate e Ariette a voce sola e fortepiano

Crescentini Cantate e ArietteSono sempre stato convinto che il disco (e quindi il cd, che del disco nero è diretto erede) sia stato e sia tuttora un grandissimo veicolo culturale, nonostante i limiti del marketing, dei contratti, della creazione di divi discografici e, insomma, nonostante buona parte del mondo orbitante attorno alle grandi major dell’incisione. Major che, difatti e non a caso, sono tutte in crisi più o meno profonda, lasciando spazio (dovrei aggiungere ancora per poco, dato che la lenta agonia dei negozi di dischi non permette di credere a un futuro roseo) a etichette di minori ambizioni milionarie ma di grandissima vivacità intellettuale e culturale, come è il caso della Tactus. Molto interessante, per tutti gli appassionati di Belcanto, è una delle ultime pubblicazioni inserite da questa attivissima casa discografica nel proprio catalogo, ovvero le Cantate e ariette per voce sola e fortepiano composte dal celebre castrato Girolamo Crescentini che, essendo nato a Urbania (PU), viene inserito di diritto tra i post della Musica di Marca. Oltre ad essere stato un virtuoso di rango Crescentini fu anche un celebre didatta (tra l’altro maestro della futura signora Rossini, Isabella Colbran) e un compositore di talento, come dimostra uno dei suoi cavalli di battaglia, ovvero il Giulietta e Romeo di Zingarelli, che conobbe una duratura popolarità anche (se non soprattutto) grazie alla versione composta da Crescentini stesso dell’aria di Romeo “Ombra adorata aspetta” che, secondo la leggenda, commosse fino alle lacrime Napoleone in persona, che lo invitò a Parigi dove Crescentini risidiette dal 1806 al 1812. Per inciso Zingarelli fu abbastanza seccato che il brano più di successo della sua opera fosse un’aria… non autografa!

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Edita Gruberová: Donizetti Portraits

Donizetti PortraitsA Gaetano Donizetti Edita Gruberová ha dedicato gran parte della sua carriera ed era inevitabile che, durante le celebrazioni donizettiane del 1997/1998, proponesse un omaggio monografico a uno dei suoi compositori prediletti, tanto più che lo “imponeva” il suo ruolo di proprietaria di una casa discografica (la Nightingale) nata, in pratica, per poter incidere opere che nessun altra major avrebbe accettato di inserire in catalogo, nonostante la presenza di assoluto richiamo della diva slovacca. Nacque allora questo Donizetti Portraits, un disco impaginato con cura e attenzione nei confronti di opere minori e ingiustamente trascurate nel catalogo del compositore bergamasco come Gemma di Vergy (di cui viene integralmente proposta l’ampia scena finale della protagonista) e Caterina Cornaro, presente invece con la bella cavatina d’entrata di Caterina “Vieni o tu”. Presenti nel recital anche la cavatina d’entrata di Emilia dall’Emilia di Liverpool (“Madre, deh placati”), la celebre “Perché non ho del vento” dalla Rosmonda d’Inghilterra e l’entrata di Lucrezia dalla Lucrezia Borgia; il disco, infine, è completato da due pagine strumentali, la Sinfonia della Gemma di Vergy e quella della Linda di Chamounix. Ricordo che, quando il cd arrivò nei negozi, lessi una recensione in cui erano anche riportate dichiarazioni del soprano slovacco: la Gruberová spiegò che aveva voluto incidere arie da opere che non aveva interesse a portare in scena nella loro integralità, affidando quindi a questo recital (peraltro davvero molto bello) le uniche pagine che avrebbe eseguito dai titoli citati. C’è da dire che la Gruberová di allora, visti i modesti risultati della sua Lucrezia Borgia integrale, aveva forse più buonsenso di quella degli anni 2000 nel comprendere fin dove potesse spingere la propria vocalità.

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