Baise moi

01Prima premessa: non sono un tradizionalista nel senso stretto del termine, almeno quando si parla di regia. Amo e ho amato alla follia vari tipi di spettacoli quindi, prima di assistere al Don Giovanni con regia di Graham Vick, scene e costumi di Stuart Nunn, luci di Giuseppe Di Iorio e coreografie di Ron Howell (andato in scena sabato e domenica scorsi al Teatro Pergolesi di Jesi in coproduzione con Teatri del Circuito Lirico Lombardo, Teatro dell’Aquila di Fermo, Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia), non avevo nessun tipo di pregiudizio. Vero è che la prima di Como, avvenuta a fine settembre, era stata salutata da contestazioni ma è anche vero che spesso le contestazioni accompagnano per partito preso gli spettacoli di Vick, regista contro cui non ho nulla di personale. Lo considero un autore di spettacoli che ho trovato discutibili (Guillaume Tell) ma anche di allestimenti splendidi (Mosè in Egitto): in altre parole non penso né che sia un nome da evitare né che sia un maestro cui tutto debba essere concesso in nome dell’Arte.
Seconda premessa: per adeguarmi al livello dello spettacolo dovrei infarcire la recensione di termini quali cazzo, fica, scopate, bocchini, pisciate… se non altro perché tale volgarità era quella subita dal pubblico nel corso dell’intera serata, con una serie di immagini disturbanti proposte senza nessun filtro. Se l’artista (anzi, l’Artista) decide di eliminare ogni filtro dovrei rispettare la sua volontà e eliminarli anche io, perché se dicessi “Donna Anna e Don Giovanni hanno avuto un amplesso nella prima scena del I Atto” dubito che susciterei la stessa reazione che se scrivessi “hanno scopato selvaggiamente”. Tuttavia non cadrò nel tranello e adotterò un linguaggio adeguato, lasciando al lettore il compito di sostituire, di volta in volta, le parole “edulcorate” con quelle che la sua cultura e la sua sensibilità meglio gli suggeriranno.
Terza premessa: a dispetto di quel che si può pensare leggendo la seconda premessa non sono un moralista: non credo al valore educativo dell’arte e non mi scandalizzo perché la regia di Vick è “diseducativa”. Non cerco nemmeno l’eleganza a tutti i costi: il teatro spesso parla della vita vera e nella vita vera le braccia ce le sporchiamo fino ai gomiti ed oltre. Alla moda spetta essere elegante e alla scuola è demandato il compito di educare, non al teatro: tutto, potenzialmente, è concesso a teatro purché, però, questo ipotetico “tutto” abbia un senso e una finalità precise.

02Parto dalla terza premessa per dire che in questa regia non c’era un senso. Si è trattato dello spettacolo più brutto, pretenzioso, volgare e inutile cui io abbia assistito nei miei vent’anni (poco più, poco meno) di frequentazione musical-teatrale. Scrive Vick nelle note di regia: “Di fronte allo scorrere del tempo, Giovanni getta via tutte le leggi, i vincoli e i tabù. Così come il nostro mondo si precipita verso l’autodistruzione, anche noi abbandoniamo sprezzanti le leggi della civiltà. Terrorizzati della morte, ci attacchiamo alla vita e ad una dipendenza dalla giovinezza, attraverso droghe, iniezioni, il bisturi del chirurgo, o – ancor peggio – attraverso la ‘sexualization’ dei bambini trasformati in icone.  Mentre Giovanni si diffonde come un virus, trascinando tutti nella sua tela universale, non è più l’outsider ma l’incarnazione di una società la cui trasgressione è glamour, è vendibile, provoca dipendenza e in cui la corruzione è norma condivisa.” Don Giovanni come uno di noi, quindi, perché “l’arte si deve preoccupare di dare stimoli, di provocare, di disturbare. Il mio Don Giovanni non ha l’ambizione di piacere a tutti. È una sfida in cui tutto è letto al presente, ma non dimentichiamoci che stiamo parlando di un capolavoro in cui grottesco, volgarità e ossessione per il sesso sono temi dominanti. Don Giovanni è una figura assolutamente negativa. È il “dissoluto punito” che rompe ogni tabù, distrugge i mattoni su cui è costruita la società, che per questo giustamente non può accettarlo. Merita di andare all’inferno…”. E allora ecco vedere subito il sesso e le perversioni in scena: una scena unica, un palco circolare chiuso nel fondo da un sipario nero (simile al sipario nero che chiude il boccascena) su cui il pubblico, che ha irritanti fari puntati verso la platea appena entra a teatro (i pervertiti siamo noi! Uau, che scoperta! Un’idea proprio nuova), vede sul palco addobbi funerari con le scritte “Padre” e “Papà”, forse a prefigurare il futuro omicidio del Commendatore… non c’è tempo di pensarci che, terminata l’Ouverture, si alza il velario nero e sul palco si vedono un Suv e un container colmo di manichini femminili (simbolo, ma pensa che novità, della mercificazione del corpo femminile).

03Don Giovanni e Donna Anna scendono dal Suv alternando sesso stravagante a momenti di violenza (ginocchiate al ventre e ai testicoli dell’uomo da parte della fanciulla, praticamente poi stuprata da Don Giovanni) e già partono le prime risate, dato che benché Donna Anna abbia le mutandine calate, i due praticano ogni atto sessuale con i vestiti rigorosamente allacciati… (sempre rischioso voler mostrare troppo nel regno della finzione, le vecchie volpi del teatro lo sapevano bene) E l’ambiguità mozartiana? Il mistero di cosa sia realmente avvenuto nella camera di Donna Anna? Il sospetto che Donna Anna ce l’abbia con Don Giovanni non perché abbia tentato di possederla ma perché poi non l’abbia fatto? Bazzecole, roba vecchia: meglio questo filmaccio di serie zeta, con urla e spintoni (ah, e i poveri artisti devono ovviamente cantare mentre compiono il tutto). Il Commendatore non si batte a duello con Don Giovanni ma muore d’infarto e il libertino, tanto per gradire, gli caccia in bocca le mutandine della figlia che, nel duetto con Don Ottavio subito seguente, prima monta in groppa al fidanzato e poi se ne stacca scappando via. Donna Elvira entra in scena vestita da suora (eppure solo alla fine dirà di voler andare in un ritiro… mah!) su di una… carriola (Giuro!) calata dall’alto dentro il container, da cui scaccia le comparse mischiate ai manichini. Durante l’aria del catalogo Leporello mostra a un gruppo di passanti il filmato piccante realizzato tra Donna Elvira e Don Giovanni salvato sul proprio cellulare e l’aria si chiude con tutti che si toccano l’inguine agitando la lingua verso la ragazza. E, anche in questo caso, che fine fa l’ambiguità mozartiana? Dov’è il sospetto di pedofilia, tanto più terrificante quanto appena suggerito dal subitaneo ghiacciarsi dell’orchestra, quando Leporello intona “Sua passion predominante / è la giovin principiante”? Dov’è la paura, dov’è l’inquietudine che dovrebbe attanagliare l’ascoltatore al momento di questo verso? Non c’è, tanto più che nel corso dell’opera Gezim Mishketa (ignoro se l’interprete del cast alternativo abbia dato la stessa impressione) crea un personaggio talmente pacioccone e simpatico (una visione interpretativa di per sé legittima, beninteso) da rendere ingiustificato un simile accumulo di perversioni visive per presentarlo come ricettacolo di ogni vizio.

04Intanto, sul palco, comparse depongono fiori sul luogo di morte del Commendatore: simbolo dell’ipocrisia e dell’indifferenza della società nei confronti della morte? Probabile, ma soprattutto simbolo dell’indifferenza del pubblico, dato che in ben pochi lo hanno notato. Il matrimonio tra Zerlina e Masetto sembra preso di peso da una puntata de Il mio grosso grasso matrimonio gypsy e, almeno in questo caso, la volgarità poteva quasi (dico quasi) avere un senso: non si capisce perché tutti (ma proprio tutti eh, Elvira esclusa) i personaggi debbano entrare dal Suv, ma almeno il matrimonio tutto sommato funziona. Non funzionano, ma proprio no, la minaccia a Masetto (che non è di bastonarlo se non se ne va, dato che il libidinoso Don Giovanni – tanto per fare qualcosa di nuovo – si tocca il pacco e minaccia di aprirsi la zip dei pantaloni) né la seduzione di Zerlina, per copulare con la quale Don Giovanni allestisce il retro del Suv e si toglie… le scarpe! Ovvio! Chi non si toglie le scarpe (lasciando ben stretti in vita i pantaloni) prima di una sveltina in auto?

05La regia decolla (si fa per dire) da “Fin ch’han dal vino” in cui Don Giovanni si fa una pera di eroina (e se ne va tutto saltellante) scaldata da Leporello sul… ferro da stiro con il quale gli stava stirando le camicie! La festa di Don Giovanni sullo sfondo dello scontro tra Zerlina e Masetto è un… trenino dietro le trasparenze del sipario! Un trenino! Un trenino!! Cose che non si vedono più almeno dagli anni ’80! Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira si mascherano con mise volgari e puttanesche (questo m’è scappato) ammiccando con fare sensuale (?!?) a Don Giovanni che le invita a entrare in casa dal palco reale (ma perché poi da lì? Boh!). Sulla festa del Finale I stendo un velo pietoso, anche perché tra cocaina, finti balli da discoteca, fellatio e palpeggiamenti vari ce n’era un po’ per tutti i gusti. Menzione d’onore, però, per il costume di Elvira: un abito in plastica / latex rosa schocking con tanto di cuore aperto sul decolleté: che classe!. Il costume in questione, che sarebbe di suo un inno al pessimo gusto, piace evidentemente tanto a Elvira dato che lo indossa per affacciarsi al balcone all’inizio del II Atto (il balcone sarebbe il container) mentre dietro fa bella mostra di sé un fumetto nello stile di Roy Lichtenstein con una donna che piange.

06Il sempre spinoso blocco costituito dalla scena in casa di Donna Anna (era anche il momento francamente più debole di uno spettacolo per certi aspetti molto riuscito come quello scaligero di Giorgio Strehler), è rappresentato all’interno di uno squallido container, mentre il meglio (anche in questo caso si fa per dire) Vick lo riserva per il banchetto finale, durante il quale Don Giovanni gira un filmato pornografico (ma l’abbigliamento da teenager delle vittime costrette a “recitare” lo fa sembrare pedo-pornografico) in cui succede di tutto: una ragazza è costretta a orinare in una torta (che poi Leporello assaggia), un’altra si versa il vino sul viso tenendo la bottiglia con i piedi, un altro adolescente si spegne addosso delle sigarette con fare malizioso… e Elvira tenta di sedurre per l’ultima volta Don Giovanni vestendosi da… scolaretta! Don Giovanni non apprezza e la scaccia dopo averle calato le mutandine e averla legata. Leporello annuncia la statua del Commendatore battendo terrorizzato sulle natiche di un enorme manichino femminile che si gira e, al posto della vagina, reca… il Commendatore in posa appoggiato alle cosce di plastica del modello! Mi consola il fatto che non ridevo solo io in sala durante questa scena.

L’Inferno di Don Giovanni… siamo noi! Wow! Che emozione (e che novità)! Don Giovanni si siede in platea e vi resta per tutta la scena conclusiva, mentre i personaggi sul palco additano il teatro con schifo spogliandosi dei loro vestiti durante il “Questo è il fin di chi fa mal”. I pervertiti siamo noi. Don Giovanni è uno di noi! Sono colpito dall’estrema novità del messaggio (sto sbadigliando). Visto che ho già esternato il mio pensiero nelle premesse non mi ripeto: aggiungo che questo spettacolo non ha aggiunto nulla, né una riflessione né uno spunto, a quanto si conosceva dell’opera di Mozart, sembrando più un riciclo stantio di idee vecchie e già viste in altri allestimenti, sia di Vick che di altri. Coro e comparse che invadono la platea e i palchi, cercando Don Giovanni durante “Metà di voi qua vadano”, sono non solo irritanti ma la brutta copia dei soldati del Mosè in Egitto pesarese; le pere e la cocaina in scena sono ormai un cliché e anche il sesso così esibito e abbrutito ha ottenuto il solo scopo di rendere frigida la scena potenzialmente più erotica dell’opera, ovvero il “Vedrai carino” di Zerlina… ma magari è un effetto voluto, chissà.

07Non c’è nulla in questo spettacolo che abbia un senso: da qualche parte si legge che Vick sarebbe un maestro e che conoscerebbe la partitura a memoria. Non ne dubito e ne sono lieto per lui, peccato che poi questa partitura non sia stata resa in maniera adeguata, con un allestimento prevaricante nei confronti della musica (decisamente rinunciataria e debole la direzione del povero José Luis Gomez Rios, anche senza contare la non esaltante prova dell’orchestra I Pomeriggi Musicali); uno spettacolo eccessivo, inutile perché incapace di sottoporre riflessioni nuove e/o stimolanti al pubblico, privo non solo di buon gusto (il che sarebbe un problema relativo: cos’è il buon gusto, in fondo? Una categoria aleatoria), ma soprattutto privo di quella coerenza interna in grado di presentare sotto una luce nuova un testo così difficile, su cui fior di registi (Luca Ronconi e Robert Carsen, ad esempio) si sono, chi più chi meno, impantanati. Se l’obiettivo doveva poi essere scandalizzare gli spettatori possiamo tranquillamente ammettere che è stato fallito (lo scandalo presuppone riflessione e turbamento… buona parte del teatro rideva), con un risultato non dissimile da quello del mediocre filmetto Baise moi, di Coralie Trinh Thi e Virginie Despentes, pellicola francese del 2000 che in Italia distribuirono con l’esplicito quanto grottesco sottotitolo Scopami: il film doveva essere un atto di denuncia sociale reso ancora più intenso dall’impiego di pornostar per le scene di stupro e di un alto tasso di violenza; nella realtà fu un film mediocre, noioso, volgare, malfatto, ambizioso e inutilmente ridicolo, aggettivi che mi sento di poter dire il filmetto condivida con questo brutto Don Giovanni. Dulcis in fundo le precisazioni della Fondazione Pergolesi Spontini che, su facebook, ha specificato: “Teniamo infine a tranquillizzare chi ha espressamente formulato il proprio quesito in proposito che il cast era composto da giovani artisti, tutti rigorosamente maggiorenni nonché informati e formati alle esigenze di scena e al messaggio che sottendeva“… Mi stupisce che qualcuno si sia persino posto il problema che dei minorenni potessero essere coinvolti ma, soprattutto, sarei veramente curioso di capire quale potesse essere il messaggio sotteso a uno spettacolo che sembrava pornografia di bassa lega. A me questo sembra un modo di fare opera incompatibile con l’essenza stessa del teatro lirico: se a qualcuno piace che si accomodi. L’allestimento deve passare per altri sei teatri nel corso di questa stagione: auguri.

Una preghiera e una richiesta, per concludere: se lo spettacolo vi è piaciuto e non condividete quanto ho scritto ben venga, solo non motivatemi la vostra opinione avanzando i vostri titoli di studio e/o eventuali pubblicazioni, non ditemi che Vick è un Maestro o, peggio ancora, non utilizzate richiami ai concetti filosofici di Gusto, Arte, Bello con quel che segue. Ditemi piuttosto in cosa questo allestimento sarebbe bello; in cosa contribuirebbe ad una più profonda analisi del mito di Don Giovanni; in cosa quanto visto e subito sulla scena servirebbe a una migliore fruizione dell’opera di Mozart e Da Ponte.

Le foto (Credits: Foto Binci, Jesi) sono state realizzate al Teatro Pergolesi di Jesi durante le repliche del 4 e 5 ottobre 2014, con la seguente distribuzione dei poveri cantanti, come si sarà capito costretti a una ginnastica continua praticamente senza costrutto drammaturgico:
Don Giovanni Gezim Myshketa (4/10), Dionisios Sourbis (5/10)
Don Ottavio Giovanni Sebastiano Sala* (4/10), Matteo Mezzaro (5/10)
Commendatore Mariano Buccino* (4/10), Cristian Saitta (5/10)
Donna Elvira Federica Lombardi* (4/10), Mariateresa Leva /5/10)
Donna Anna Valentina Mastrangelo* (4/10), Ekaterina Gaidanskaja (5/10)
Leporello Andrea Concetti (4/10), Leonardo Galeazzi (5/10)
Masetto Riccardo Fassi* (4/10), Davide Giangregorio (5/10)
Zerlina Alessia Nadin (4/10), Alessandra Contaldo* (5/10)
*vincitori del 65° Concorso As.Li.Co. per Giovani Cantanti Lirici d’Europa

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  1. #1 di Amfortas il 11 ottobre 2014 - 10:11

    Amen, Gabriele.

  2. #2 di Amfortas il 11 ottobre 2014 - 11:34

    Intendevo dire, caro Gabriele, che chi ha detestato questo Don Giovanni – o meglio la regia di Vick – qui trova una spiegazione documentata e razionale del proprio dissenso e non solo una reazione di pancia. Oggi sono di turno io a Venezia, per il Don Giovanni.
    Ciao!

    • #3 di Gabriele Cesaretti il 11 ottobre 2014 - 13:54

      Ahahaha si si avevo capito. Beh, credo che con Michieletto ti vada decisamente meglio. 🙂 Buona recita!

  3. #4 di Contrabbassista pazzo il 13 ottobre 2014 - 17:27

    Ottima recensione, Gabriele. Sono “scene che non vorremmo mai vedere”… fortunato io che non c’ero.

  4. #5 di Mario Mainino il 18 ottobre 2014 - 15:48

    Chiedo scusa se arrivo solo oggi, 18 ottobre 2014, ma avevo iniziato a parlarne su un altro post. In questa discussione ringrazio di avere conosciuto Gabriele Cesaretti che parla veramente bene cogliendo tutti i punti e questo “analizzando” il lavoro non mettendoci una etichetta. Bravo Bravo! Mi dice di argomentare qualcosa di bello, ebbene si UNA scena buona l’ho trovata, risolta ovviamente MALE; ma veramente geniale. Chi riesce mai a indovinar qual’è ? Tutto il resto era NOIA.

    • #6 di Gabriele Cesaretti il 21 ottobre 2014 - 06:57

      Grazie. Non saprei dirti. A me nel complesso sembrava carina l’idea della seduzione di Zerlina su “Vedrai carino” che, in una regia in cui tutti toccavano tutti, si basava sul “noli me tangere” ma alla fine l’effetto paradossale era che la scena risultava frigida, però sulla carta poteva funzionare.

    • #7 di Mario Mainino il 21 ottobre 2014 - 17:08

      Per me era il “La ci darem la mano” con il Don Giovannino fermo appoggiato alla macchina e la Zerlinetta gentile che a poco a poco gli cascava addosso come la mosca sul miele, mi è sembrata l’unica genialata, certo che però per renderla bene ci sarebbero voluti due attore/trice molto più navigati!

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