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Stella di Napoli – Joyce DiDonato
Pubblicato da Gabriele Cesaretti in Belcanto, Biblioteca / Discoteca, CD, DiDonato Joyce, Voci & Recital il 15 novembre 2014
Mi è successa una cosa abbastanza divertente al primo ascolto di Stella di Napoli, la recente fatica discografica di Joyce DiDonato edita dalla Warner Classics: la prima traccia (ascoltata su Youtube, prima dell’arrivo del cd, quindi senza il libretto sotto mano), “Ove t’aggiri o barbaro”, mi è sembrata una brillante pagina da una sconosciuta opera comica di Pacini. Cercando qualche informazione su Stella di Napoli mi sono accorto, non senza un po’ di stupore, trattarsi invece di un’opera seria. Basterebbe questo a riassumere le mie opinioni su questo disco, che attendevo con discreto interesse, non foss’altro che per la presenza di alcune arie da opere misconosciute del primo Ottocento italiano. La DiDonato è un’artista carismatica, una persona intelligente e una vera forza della natura, ma affronta queste pagine con una voce che, sostanzialmente, è quella di una cantante di mezzo carattere (e non di una primadonna tragica) senza nemmeno che l’accento riesca a compensare i limiti dello strumento naturale, cosa che ad esempio riusciva a una Beverly Sills. Ecco allora le motivazioni del misunderstanding sul “genere” della prima track del disco che, sia detto en passant, è solo la cabaletta di una più ampia scena solista che, trattandosi dell’opera che dà il titolo all’intero album, mi sarei aspettato almeno incisa per intero. Il problema è che non c’è un brano in tutto il disco in cui l’accento sia completamente adeguato: il grande finale di Saffo, altra opera paciniana, è privo di quella allure tragica che dovrebbe costituire il fulcro dell’ampia scena (che peraltro chiamava in causa anche le potenzialità dell’attrice, viste le accurate didascalie previste anche in partitura, e che quindi molto si aspetta dall’accento e dalle capacità interpretative dell’interprete di turno) e anche la scena finale di Zelmira, dopo un attacco di “Riedi il soglio” promettente, non mantiene lo stesso afflato nobile per l’intero brano.
Maria Stuarda travestita: Buondelmonte
Pubblicato da Gabriele Cesaretti in Buondelmonte, Gaetano Donizetti, Maria Stuarda, Operisti dell'Ottocento il 2 aprile 2011
Un’opera nata per caso
Gli appassionati conoscono assai bene le sfortunate vicende che, nel 1834, accompagnarono la stesura di Maria Stuarda, programmata e improvvisamente proibita al Teatro San Carlo di Napoli. Donizetti lavorò all’opera per l’intera estate del 1834 assieme al giovanissimo Giuseppe Bardari (qui alla sua prima – e unica – prova come librettista), dopo aver invano ricercato la collaborazione di Felice Romani. Il debutto era previsto per il 6 luglio ma i ritardi di Romani e la conseguente scelta di Bardari fecero spostare la data al 15 agosto per rimandarla ancora ai primi di settembre. Da notare che il libretto, sottoposto alla censura il 19 luglio, non era mai stato ufficialmente approvato e, nell’attesa, le prove e la messa in opera di scene e costumi proseguivano alacremente. Il 4 settembre Bardari venne convocato dal censore Francesco Ruffa che richiese ampi cambiamenti: effettuati questi si dava per scontato un imminente debutto dell’opera, tanto che la prova generale venne effettuata o il 5 o il 6 settembre con esiti assai felici (come narra lo stesso Donizetti in due lettere). Il 7 settembre, tuttavia, l’opera venne proibita e dichiarata non accettabile, nonostante i cambiamenti nel libretto già operati da Bardari. Sul perché di questo improvviso divieto è possibile formulare solo ipotesi, alcune delle quali diventate quasi subito leggenda:
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