Teseo riconosciuto di Gaspare Spontini

La riscoperta della Civiltà Musicale Marchigiana – Questo progetto del Teatro Pergolesi di Jesi, gestito dal 1995 al 2003 dall’allora direttore artistico Angelo Cavallaro, previde la prima esecuzione moderna di opere assai rare (delle quali, quando necessario, venne effettuata la revisione critica) di autori marchigiani: in tutto vennero eseguite otto opere, sei delle quali legate al repertorio dell’Ottocento Italiano. Partendo dal ricordo di quelle riproposte jesine (la maggior parte delle quali è stata documentata in cd Bongiovanni) la rubrica Musica di Marca intende racchiudere tutti i post dedicati ai compositori minori marchigiani del XIX secolo (quali Alessandro Nini, Giuseppe Persiani, Lauro Rossi o Nicola Vaccaj) assieme ai post dedicati a Gaspare Spontini, che minore non fu ma appare nondimeno poco considerato, anche se ingiustamente, nei cartelloni attuali. Resta escluso dalla rubrica, per ovvie ragioni avendo una categoria a parte, il pesarese per eccellenza, Gioachino Rossini. Le opere alla base del progetto della riscoperta della Civiltà Musicale Marchigiana saranno i punti di partenza di una rubrica che si propone di valorizzare (nei limiti della diffusione del presente blog) quei lavori minori assimilabili allo stile dell’Ottocento italiano o che, come è il caso del Teseo riconosciuto, ne anticipano in parte alcune inquietudini.

Il progetto jesino si inaugurò nel 1995 con il Teseo riconosciuto di Gaspare Spontini diretto da Alberto Zedda, allestimento che (seguendo l’esito dell’ottima realizzazione scaligera de La Vestale diretta da Riccardo Muti nel 1993) di fatto aprì la strada al recupero di opere giovanili spontiniane. avvenuto alla fine degli anni ’90 e nel corso degli anni 2000. Il progressivo avanzare nella riproposta di titoli dal catalogo giovanile di Spontini, dopo Li puntigli delle donne allestiti nel 1997 al Teatro Spontini di Maiolati Spontini (An) da parte dell’associazione Spontini Classic, si è concretizzato in una serie di riusciti allestimenti proposti dal Festival Pergolesi Spontini nel corso delle sue dodici edizioni complessive: nel 2001 fu la volta del dittico composto da Milton e Julie, ou le pot de fleurs; nel 2005 arrivarono Li finti filosofi, nel 2008 Li puntigli delle donne e quest’anno (dopo che il Festival si era concentrato dal 2009 al 2011 su Giovan Battista Pergolesi per celebrare i trecento anni dalla nascita caduti nel 2010) la prima riproposta in epoca moderna de La fuga in Maschera, opera che si credeva perduta e il cui autografo è solo di recente riemerso ad un’asta londinese: acquistato dal Comune di Maiolati Spontini, oltre ad arricchire il museo spontiniano della cittadina è stato l’ovvia base per l’edizione critica a cura di Federico Agostinelli (l’opera ha debuttato la settimana scorsa al Teatro Pergolesi di Jesi con un caloroso successo di pubblico e approderà l’anno prossimo al Teatrino di Corte di Palazzo Reale nell’ambito della stagione lirica del Teatro San Carlo di Napoli). Sul Teseo riconosciuto (che considero, personalmente, una delle opere più interessanti se non la più interessante di questa fase pre-napoleonica del compositore di Maiolati, non foss’altro perché si tratta di un accostamento al genere serio, ben più impegnativo rispetto alle commedie coeve e di poco posteriori) segnalo anche questo approfondimento trovato nel blog Dicoseunpo.

La trama

Riassumere la trama dell’opera in breve è praticamente impossibile, dato che il libretto di Cosimo Giotti sceglie una vicenda estremamente ingarbugliata, sia pur esponendola in un testo drammaturgicamente molto efficace. Indispensabile alla comprensione è la conoscenza del complicato antefatto, in cui si spiega come Egeo avesse un figlio (che sarà Teseo, riconosciuto come da titolo nel finale dell’opera) da una sua fiamma giovanile, Etra, che aveva poi abbandonato salvo dire alla donna che avrebbe riconosciuto il figlio da una spada che aveva nascosto sotto una pesante roccia: quando sarebbe stato così forte da sollevare il masso e prendere la spada avrebbe potuto presentarsi a lui. Al momento, però, Egeo è re d’Atene e si è sposato con Medea che, dopo i burrascosi trascorsi con Giasone, era però circondata da una sinistra (e comprensibile) fama, tanto che l’eroe Pallante e i suoi cinquanta (!!!) figli intendono destituire Egeo per evitare che la sventura recata dalla donna si abbatta sulla città: Egeo e Medea hanno una figlia, Asteria che, al momento in cui il sipario si leva, è stata rapita. Teseo (inconsapevole delle sue origini) la salva, i due si innamorano e le nozze sembrano imminenti: purtroppo il messo Connida reca a Teseo il responso di un oracolo (che ovviamente è vietato comunicare agli astanti) e che interrompe le nozze. Nel foglio c’è infatti scritto che Asteria è sorella di Teseo perché egli è il figlio di Egeo. La comprensibile disperazione di Asteria è interrotta dall’attaco di Pallante, che viene sconfitto assieme ai cinquanta figli dal solo Teseo, permettendo al primo atto di chiudersi. Nel secondo atto Egeo è furioso e viene sobillato da Medea (che teme di perdere il suo status da regina) nel convincere Asteria ad uccidere Teseo: la giovane, ça va sans dire, si oppone con tutte le sue forze, mentre l’amato è sceso a consultare le anime dei morti nell’Ade. I morti gli dicono di sposare Asteria ma Teseo non può credere di dover cedere a un incesto: niente paura, dato che la sconfitta Medea (prima di ripartire sul solito carro trainato da dragoni) rivela che Asteria è in realtà figlia sua e di Giasone, dunque senza nessuna parentela con Teseo. Medea se ne va, Asteria e Teseo si sposano, Egeo è felice e l’improbabile vicenda raggiunge la sua conclusione.

L’opera è particolarmente interessante per essere il primo lavoro in cui Spontini si cimenta con il genere dell’opera seria, dopo aver scritto due commedie nel 1796 (Li puntigli delle donne) e nel 1797 ( L’eroismo ridicolo) e dopo esser fuggito dal Conservatorio della Pietà dei Turchini nel 1795; due anni scarsi di studio furono quelli frequentati dal compositore di Maiolati, per cui non si può dire che gli mancasse la faccia tosta, visto il coraggio con cui si pose nell’agone teatrale dell’epoca. La commissione per un’opera seria venne nel 1798 dal grande teatro fiorentino degli Intrepidi, detto di Pallacorda, che alla fine del XVIII secolo era il secondo più importante della città: l’opera conobbe un successo deciso e sincero, tanto da venir replicata a brevissima distanza nel teatro di via Petrapiana, che più tardi diventerà il teatro Alfieri. Sembrerebbe l’inizio di un grande successo, supportato anche da recensioni positive, in alcune delle quali si nota già l’attenzione alla cura meticolosa della composizione e della drammaturgia che diventerà una caratteristica dello Spontini napoleonico, come in quella pubblicata nella «Gazzetta Universale» di Firenze del 26 maggio 1798:

La sera di Martedì 22 stante fu posto in scena nel Regio Teatro degl’Intrepidi il nuovo Dramma Teseo riconosciuto. […] Il celebre Sig. Maestro Gaspare Spontini Napoletano, che con vero genio l’ha posto in Musica, ha dimostrato, che si può unire il gusto alla profondità, e servire all’armonia senza tradir la parola.

In realtà il Teseo riconosciuto non uscirà mai da Firenze e terminerà la sua breve corsa con le recite del teatro di via Pietrapiana: dopo la composizione del Teseo Spontini tornerà nuovamente al genere della commedia salvo poi arrivare, finalmente, a Parigi e iniziare la sua carriera di compositore “napoleonico” per cui è celebrato ancora oggi. I suoi lavori italiani (Teseo compreso) cadranno nell’oblio e solo in questi anni sono riemersi dagli archivi e ritornati sui palcoscenici dei teatri d’opera.

Questo non deve far pensare che le opere giovanili di Spontini si possano liquidare con poche battute o addirittura trattate con la noncuranza e la sufficienza che dimostrava Spontini stesso, stando almeno ad un aneddoto di Berlioz riportato in Soirée d’Orchestre: “Il musicista conservava nella sua biblioteca i manoscritti e anche i libretti a stampa di tutte queste scialbe composizioni. E talvolta li mostrava ai suoi amici con un sorriso sdegnoso, quasi fossero i giocattoli della sua infanzia musicale”. Si tratta di composizioni che non sono capolavori, che risentono indubbiamente del modello dell’opera settecentesca (sia della tradizione buffa napoletana che della tradizione seria) ma in cui il giovane compositore affina le armi di quello che diventerà il suo stile. Nel caso specifico del Teseo riconosciuto è molto interessante e particolare l’intero I Atto dell’opera che, dopo una sinfonia introduttiva, si apre sull’imboccatura di una caverna con Egeo (tenore) e il popolo che attendono Medea (soprano) scesa a consultare gli Inferi (all’inizio del libretto Asteria risulta ancora rapita): Spontini costruisce un’Introduzione molto originale e particolare, sia per l’attenzione al colore orchestrale che per la definizione della psicologia dei personaggi. È pure molto suggestivo il Larghetto del duetto d’amore su cui entrano in scena le due voci sopranili (il primo Teseo fu il castrato Luigi Desantis) di Teseo e Asteria che si giurano eterno amore. Spiccano nel primo atto anche le arie di Egeo e di Medea, quest’ultima (“Qual serpe che giace”) particolarmente notevole per l’utilizzo di una tessitura molto ampia e impegnata sia nel registro grave che in quello acuto. Dopo la patetica aria di Teseo con clarinetto obbligato (“Piangi o cara”) uno dei momenti più originali e entusiasmanti è la grande scena di Asteria “Perdo l’amato oggetto”, preceduta da un vigoroso recitativo accompagnato e perfettamente inserita nello sviluppo dell’azione, dato che le rampogne della ragazza sono interronte dal fragore dell’attacco di Pallante; la partenza di Teseo offre il destro per descrivere l’ansia per l’esito della battaglia con una vera e propria cabaletta ante litteram, “Minerva difendi”, in cui Spontini compone una musica di delirante virtuosismo, prescrivendo vocalizzi vertiginosi e ribattuti che portano la voce del soprano più volte al fa e anche al sol sovracuto. Se ben eseguito è indubbio che si tratti del brano più spettacolare dell’opera, in cui però l’esibizione di bravura non appare fine a se stessa ma, anche prescindendo dal dinamismo drammatico interno, viene utilizzata con ottimi risultati espressivi.

Molto originale è la gestione del blocco del Finale I, dalla forma assai libera nell’incalzante progressione di richieste a Teseo da parte di tutti gli altri personaggi, dopo il confronto tra Egeo (dubbioso nel designare Teseo come suo erede) e il popolo che acclama l’eroe vincitore di Pallante. L’originalità di questa chiusa d’atto è nella struttura del Finale, che non si pone come un canonico quintetto, ma permette alla forma di adattarsi alle esigenze drammaturgiche del libretto e della situazione scenica. Il secondo atto risulta, nel complesso, molto meno interessante e paga lo scotto di una vicenda che si complica inutilmente con situazioni troppo ingarbugliate, raffreddando anche l’ispirazione del compositore: il terzetto tra Egeo, Medea e Asteria non convince e davvero troppo macchinosa appare la scena della tentata uccisione di Teseo da parte di Egeo sventata dall’ingiustamente accusata Asteria, anche se l’episodio offre il destro per un’altra bella aria sopranile, “Oh Dei che leggete”. Molto interessante è l’ampia scena infernale, in cui il ventiquattrenne compositore cerca (e trova) suggestivi effetti espressivi nella gestione all’unisono del coro e nell’ansia patetica della frasi di Teseo, ma più convenzionale sembra la rapida conclusione della vicenda. Il Teseo riconosciuto è dunque un’opera ricca di molti spunti notevoli e presaga di quell’attenzione all’evoluzione del numero musicale in funzione drammatica (non solo con interventi del coro, ma in cui anche la vicenda prosegue il suo corso, senza affidare lo sviluppo della trama esclusivamente ai recitativi secchi) che sarà tipica non solo dello Spontini francese (La Vestale debutterà all’Académie impériale de Musique di Parigi nel dicembre 1807) ma anche dell’opera italiana pre-rossiniana che, non a caso, proprio dalla traduzione della Vestale trarrà ispirazione per alcuni dei suoi più interessanti capolavori (come l’Ecuba di Manfroce).

Ascoltare Teseo riconosciuto

Teseo riconosciuto venne allestito durante la Stagione Lirica del Teatro Pergolesi di Jesi del 1995, affidando la parte di Teseo a un tenore anziché a un soprano en travesti (nel caso in questione l’interprete fu Diego D’Auria) con la direzione musicale di Alberto Zedda. Si trattò della prima ripresa in epoca moderna del lavoro e, a quanto mi risulta, a tutt’oggi è anche l’unico allestimento contemporaneo dell’opera: il cd Bongiovanni (che al momento sembra essere fuori catalogo, dato che è irreperibile nel sito della casa bolognese) è quindi l’unico mezzo per poter ascoltare questo lavoro giovanile di Spontini e, come ormai è il tormentone del blog in caso di scelta obbligata, a caval donato non si dovrebbe guardare in bocca. Certo, meglio un’incisione imperfetta che non avere nessuna testimonianza, ma l’esecuzione di questo Teseo riconosciuto è comunque abbastanza deludente, facendo sperare che la Fondazione Pergolesi Spontini, dopo le riuscite edizioni de Li finti filosofi, Li puntigli delle donne e La fuga in maschera realizzi anche una nuova ripresa del Teseo, magari creandone un dvd come si farà per La fuga in maschera. Diego D’Auria e Carlo Allemano (Teseo e Egeo) fanno comunque quel possono, Paoletta Marrocu è una Medea temperamentosa ma vocalmente assai disordinata mentre Sonia Visentin (Asteria), pur con emissione parecchio avventurosa, si butta con entusiasmo nelle folli colorature della sua aria del primo atto, sciorinando picchettati e sovracuti con grande precisione e, sostanzialmente, uscendo a testa alta dal confronto con questa sorta di sorellina della Königin der Nacht. Alberto Zedda assicura alla partitura la sua conoscenza musicale e sostiene al massimo le voci in campo.

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  1. #1 di icittadiniprimaditutto il 8 settembre 2012 - 11:38

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

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