Articoli con tag Quaresima

Ciro in Babilonia di Gioachino Rossini

Un ulteriore e doveroso post quaresimale, a Pasqua passata, per un’altra opera oratoriale su soggetto biblico: Ciro in Babilonia, o sia la caduta di Baldassare di Gioachino Rossini. Doveroso perché l’opera in questione, la quinta di Gioachino Rossini, rappresentata al Teatro di Ferrara il 14 marzo 1812, inaugurerà questa estate la XXXIII edizione del Rossini Opera Festival di Pesaro, per la prima volta allestita nella cittadina marchigiana. Prima opera seria rappresentata da Rossini (il Demetrio e Polibio, che pure la precede nella composizione, venne allestito a Roma il il 18 maggio 1812, pochi mesi dopo il debutto del Ciro) è anche uno dei titoli più negletti e meno rappresentati nell’ampio catalogo del compositore: probabilmente questo disinteresse non è del tutto infondato, dato che nel suo rispettare le regole della distribuzione vocale più diffusa in Italia (eroe – contralto amoroso; eroina – soprano e antagonista – tenore baritonale) l’opera si rivela agli orecchi contemporanei meno stimolante e sperimentale dei lavori napoletani (la cui distribuzione con doppio tenore, però, creerà sempre dei problemi alla loro diffusione in teatri che non fossero il San Carlo) non possedendo nemmeno il fascino del Tancredi (che debutterà al Teatro La Fenice di Venezia il 6 febbraio 1813, meno di un anno dopo il Ciro) benché Stendhal definisca il Ciro come un’opera “piena di grazia”. Ascoltare Ciro in Babilonia non è, tuttavia, tempo perso: le pagine notevoli sono molteplici e anche la cura della strumentazione rivela come l’appena ventenne compositore avesse assimilato lo studio e gli insegnamenti del conservatorio bolognese che aveva frequentato.

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Quaresima – 4: Nabucco di Giuseppe Verdi

Quando Riccardo Muti, durante la scorsa Stagione Lirica del Teatro dell’Opera di Roma, eseguì a pochi mesi di distanza il rossiniano Moïse et Pharaon e il Nabucco di Giuseppe Verdi, rimarcando l’enorme importanza assunta nel compositore di Busseto dal modello rossiniano, nessuno trovò la scelta insensata: anche a un ascolto superficiale e svogliato le affinità tra le due partiture appaiono evidenti, tanto che si potrebbe considerare a buon ragione il Nabucco come estrema propaggine ottocentesca dello stile quaresimale, che con Donizetti e il suo diluvio universale, era terminato a Napoli nel 1830. A legare il Nabucco alla tradizione quaresimale sono moltissimi aspetti, a cominciare dal debutto primaverile, dato che la prima rappresentazione avvenne al Teatro alla Scala di Milano il 9 marzo 1842. Sono presenti nel Nabucco ampi scontri tra popoli (molto più ampi che nel Mosè in Egitto e nel Mosè “nuovo”, ovvero la versione tradotta del Moïse et Pharaon ed evidente modello per Verdi ben più che la versione napoletana dell’opera); una storia d’amore tra esponenti delle fazioni rivali (sul modello di Elcia/Anaide e Osiride/Amenofi) è raffigurata nel rapporto tra Ismaele e Fenena, benché il loro ruolo nell’economia del lavoro sia decisamente marginale; è fondamentale l’ispirazione biblica e profetica del soggetto (tanto che ogni atto del libretto di Temistocle Solera viene introdotto da una citazione sacra) e la parte di Zaccaria nel ruolo di carismatico capo-profeta appare evidentemente plasmata sul modello di Mosè; la presenza di spettacolari effetti scenici (la distruzione dell’idolo nella IV Parte) e il rispetto di alcuni codici strumentali fissi in alcuni momenti di preghiera completano il quadro. Come negli altri titoli quaresimali, infine, il soggetto biblico viene affrontato tramite la mediazione di altre fonti, che nel caso di Solera (nel cui libretto Assiri e Babilonesi vengono allegramente usati come sinonimi, in barba alla verità storica) consistono in alcuni balli e in Nabuchodonosor, dramma di Auguste Anicet-Bourgeois.

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Quaresima – 3: Il diluvio universale di Gaetano Donizetti

Poco più di dieci anni dopo il Mosè in Egitto la tradizione napoletana di opere quaresimale era agli sgoccioli: con Gaetano Donizetti e con il suo diluvio universale (Teatro San Carlo, 6 marzo 1830) terminò l’anomalia (che potremmo definire tipicamente italiana) che vedeva inserita in cartellone una normale stagione lirica mascherata da stagione di Quaresima con opere che, in teoria, affrontavano soggetti veterotestamentari adatti per la meditazione pasquale ma che, in realtà, obbedivano alle esigenze spettacolari e alla voglia di teatro che era presente nel pubblico dell’epoca. Riuscire a “dividere il genere di musica profano dal sacro” (parole dell’autore) era molto sentito da Gaetano Donizetti che, proprio con questo oratorio, cercava di ottenere quel successo e quell’affermazione nel genere serio di cui sentiva un forte bisogno, dato che i suoi trionfi fino a quel momento avevano riguardato quasi esclusivamente opere buffe o farse. Rispetto all’Atalia di Mayr Il diluvio universale guarda in maniera decisamente esplicita al modello fornito dal Mosè rossiniano, presentando una figura di profeta autorevole e carismatica (Noè) accanto a una trama privata e amorosa (in questo caso un vero e proprio triangolo tra lui, lei e l’altra, per l’occasione anche intrigante falsa amica della protagonista) e alla previsione di uno spettacolare effetto scenico con l’immagine finale dell’oratorio, secondo cui “mentre le acque cadono dai cieli, sgorgano dai monti, si sollevano dalla terra e le famiglie degli uomini rimangono tutte sommerse, si vede solamente l’arca che galleggia illesa”. Come nel Mosè in Egitto il soggetto è mediato dai testi biblici (in questo caso la Genesi) tramite una serie di tragedie e opere teatrali, tra cui Il diluvio universale dello stesso Francesco Ringhieri già autore dell’Osiride da cui Andrea Leone Tottola aveva tratto il libretto del Mosè in Egitto ma, in Donizetti, manca una reale contrapposizione di popoli tra i seguaci di Cadmo e quelli di Noè. Il coro, infatti, è sempre presentato nei panni degli abitanti della perversa città di Sennààr, ora Satrapi con le rispettive mogli, ora seguaci di Cadmo, ma anche Sacerdoti d’Europa, Cofti d’Africa e Bracmani dell’Atlantide; il “gruppo” di Noè è invece composto dai soli tre figli (Jafet, Sem e Cam) con le rispettive mogli (Tesbite, Asfene e Abra), il che permette a Donizetti la creazione, nelle tradizionali pagine a sfondo religioso – visionario, di suggestivi effetti intimisti in quella che può essere considerata come una delle sue più interessanti opere del periodo giovanile o, meglio, del periodo pre-Bolena.

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Quaresima – 2: Atalia di Johann Simon Mayr

Le caratteristiche dell’opera quaresimale elencate come premessa al Mosè in Egitto di Gioachino Rossini sono evidenti in moltissimi oratori ma, certamente, non vincolanti, tanto che non sempre sono presenti in tutti i drammi quaresimali del primo Ottocento. Un buon esempio è l’Atalia (da pronunciarsi con accento sulla i) di Johann Simon Mayr, maestro di Donizetti, andata in scena al Teatro San Carlo di Napoli nel 1822. In realtà il progetto di un’opera sacra di argomento biblico da affidare a Mayr per il San Carlo era in essere già dal 1815, caldeggiato dall’impresario Domenico Barbaja: l’Atalia sarebbe dovuta andare in scena nel 1820 ma ritardi vari, sia da parte del librettista Felice Romani che dalla produzione, ne ritardarono l’allestimento fino alla Quaresima del 1822, anno in cui peraltro venne rappresentata con molti cambiamenti di compagnia rispetto al progetto iniziale, ma con una concertazione (almeno sulla carta) d’eccezione a cura di Gioachino Rossini. Girolamo Calvi, biografo ottocentesco di Mayr, nota che “Atalia è un classico Oratorio per rispetto alla musica, ed è un vero dramma sacro sia rispetto alla musica che alla poesia. Sebbene Barbaja raccomandasse a Mayr ed al Poeta di comporre un dramma sacro che potesse reggere anche qual dramma profano, come ordinariamente sono i drammi di soggetti sacri che si scriveano allora […] nullameno il valente poeta avendo a svolgere argomento sacro lo vestì di quelle forme e di quei sentimenti con cui il Metastasio trattò le sue azioni sacre”.

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Quaresima – 1: Mosè in Egitto di Gioachino Rossini (e il Mosè “nuovo”)

Ogni luogo comune contiene un fondo di verità e a questa regola non fa eccezione nemmeno il mito degli italiani faciloni e inclini al compromesso per salvare capra e cavoli nelle situazioni più disparate. Un buon esempio di questo atteggiamento è nella tradizione di opere su argomento biblico e sacro che, durante il periodo della Quaresima (in cui per rispetto i teatri sarebbero dovuti esser chiusi) venivano allestite per la gioia di tutti: gli impresari non erano costretti all’inattività, compositori e artisti potevano continuare a lavorare e ad esibirsi, il pubblico non era costretto a rinunciare alla sua passione per il canto e per l’opera e la Chiesa (che nel repertorio più “profano” esigeva cambiamenti nei libretti sostituendo “Dio” con “Nume” o “chiesa” con il più generico “tempio”) poteva guardare con comprensione e interesse alla messa in scena di edificanti storie sacre che avrebbero accompagnato i fedeli (questo almeno nelle intenzioni) lungo il percorso di meditazione del periodo quaresimale dopo le follie carnevalesche. Alcuni dei lavori più belli, ispirati e poetici all’interno di questo genere così particolare (considerato elevatissimo, e per questo tra i più ambiziosi che un compositore potesse imporsi) vennero prodotti, nei primi anni del XIX secolo, al Teatro San Carlo di Napoli, teatro in cui la cosiddetta “opera quaresimale” (spesso definita come “Azione tragico sacra” o, più semplicemente, “Oratorio”) conobbe una duratura fortuna. Proprio a Napoli venne creata, il 5 marzo 1818, l’opera quaresimale forse più celebre di tutte: il Mosè in Egitto di Gioachino Rossini.

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Stabat Mater di Rossini

Periodo di cambiamenti e di nuove supplenze, per cui il blog ne risente un poco: rimaniamo però in tema quaresimale con una storica esecuzione dello Stabat Mater di Gioachino Rossini dai BBC – Proms: Katia Ricciarelli, Lucia Valentini Terrani, Dalmacio Gonzales e Ruggero Raimondi sono i solisti (tutti al debutto ai Proms in questa esecuzione), Carlo Maria Giulini è alla direzione.

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Miserere di Quaresima

Nella liturgia della Chiesa cattolica la Quaresima è un tempo di circa quaranta giorni che va dal Mercoledì delle Ceneri alla Pasqua, in ricordo dei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il battesimo. Il numero di quaranta è fortemente simbolico, dato che richiama anche i quaranta giorni passati da Mosè sul monte Sinai, i quaranta giorni del diluvio universale ma anche i quaranta giorni tra la resurrezione di Gesù e l’Ascensione in cui Gesù ammaestrò i discepoli. Caratteristica principale della Quaresima è la sua dimensione penitenziale, espressa attraverso atti di digiuno, di preghiera e di conversione. Nel Medioevo durante il tempo di Quaresima erano vietati tutti gli spettacoli teatrali, ed ecco perché il colore liturgico di questo tempo religioso (il viola) è divenuto per tradizione un colore che porta sfortuna a teatro. Durante il XIX secolo le regole erano meno severe e, dopo le grandi Stagioni di Carnevale e d’autunno ma prima della Stagione di Primavera, trovava luogo una breve stagione di Quaresima al cui centro si ponevano spesso drammi oratoriali di soggetto biblico – veterotestamentario, tutti con la presenza di profeti, un ampio spazio dato alla coralità e allo scontro di popoli e culture differenti nonché uno stile severo con molte preghiere.

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