Articoli con tag Gardelli

Quaresima – 1: Mosè in Egitto di Gioachino Rossini (e il Mosè “nuovo”)

Ogni luogo comune contiene un fondo di verità e a questa regola non fa eccezione nemmeno il mito degli italiani faciloni e inclini al compromesso per salvare capra e cavoli nelle situazioni più disparate. Un buon esempio di questo atteggiamento è nella tradizione di opere su argomento biblico e sacro che, durante il periodo della Quaresima (in cui per rispetto i teatri sarebbero dovuti esser chiusi) venivano allestite per la gioia di tutti: gli impresari non erano costretti all’inattività, compositori e artisti potevano continuare a lavorare e ad esibirsi, il pubblico non era costretto a rinunciare alla sua passione per il canto e per l’opera e la Chiesa (che nel repertorio più “profano” esigeva cambiamenti nei libretti sostituendo “Dio” con “Nume” o “chiesa” con il più generico “tempio”) poteva guardare con comprensione e interesse alla messa in scena di edificanti storie sacre che avrebbero accompagnato i fedeli (questo almeno nelle intenzioni) lungo il percorso di meditazione del periodo quaresimale dopo le follie carnevalesche. Alcuni dei lavori più belli, ispirati e poetici all’interno di questo genere così particolare (considerato elevatissimo, e per questo tra i più ambiziosi che un compositore potesse imporsi) vennero prodotti, nei primi anni del XIX secolo, al Teatro San Carlo di Napoli, teatro in cui la cosiddetta “opera quaresimale” (spesso definita come “Azione tragico sacra” o, più semplicemente, “Oratorio”) conobbe una duratura fortuna. Proprio a Napoli venne creata, il 5 marzo 1818, l’opera quaresimale forse più celebre di tutte: il Mosè in Egitto di Gioachino Rossini.

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Attila: Tre arie per Foresto

In generale i tenori non amano molto il personaggio di Foresto nell’Attila: per quanto destinatario di una delle più travolgenti scene patriottiche contenute in un’opera del primo Verdi (“Ella in poter del barbaro… Cara patria già madre e reina”) il ruolo è decisamente subordinato al carisma del basso protagonista e del baritono, impiegato nell’ambiguo ma affascinante ruolo di Ezio. Chissà se anche questa “non centralità” del personaggio all’interno degli equilibri musicali dell’opera influì nella storia interpretativa del lavoro durante il XIX secolo: la presenza di ben due romanze alternative composte da Verdi in sostituzione di quella originariamente prevista per Foresto in apertura del III Atto (“Che non avrebbe il misero”) potrebbe suffragare l’ipotesi che il ruolo non solleticasse sufficientemente l’estro e l’ego dei “primi tenori” ottocenteschi, che richiesero (e ottennero) arie composte a loro beneficio per esaltare al meglio le caratteristiche vocali ed espressive di ogni interprete.

All’interno di una medesima situazione espressiva (Foresto, credendosi tradito e abbandonato da Odabella che gli ha impedito di uccidere Attila, piange la sua sventura e chiama traditrice la donna prima tanto amata) un interprete odierno può scegliere – almeno in linea teorica – quale delle tre romanze possa esplicare al meglio le proprie qualità e inserirla nel corpo dell’opera. È significativo, en passant, notare che invece la grande e spettacolare scena patriottica con cui si chiude il Prologo venne, ovviamente, accettata quasi sempre senza riserve.

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Risorgimento – 4: La Battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi

L’omaggio di Non solo Belcanto al 150° dell’Unità d’Italia avviene con l’approccio a quattro melodrammi “inusualmente” risorgimentali (Clicca sull’immagine a lato o sul banner nella colonna di destra per leggere gli altri articoli del ciclo).

Il fatto

Una delle pagine più gloriose del Risorgimento fu la creazione della Repubblica Romana, ufficialmente proclamata dopo le elezioni a suffragio universale tenute nel gennaio del 1849 e seguita alla fuga di Pio IX da Roma dopo l’uccisione in un attentato del primo ministro pontificio Pellegrino Rossi. Rifugiatosi il papa a Gaeta, presso i Borboni, la capitale rimase senza governo e si insediarono i gruppi democratici: in questo clima esaltato e vivace debuttò al Teatro Argentina il 27 gennaio La Battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi, accolta da un fanatico entusiasmo che si concluse con il bis finale dell’intero IV Atto, significativamente intitolato “Morire per la patria!”. Il 9 febbraio l’Assemblea Costituente eletta proclamò la decadenza del potere temporale del papa e la nascita del nuovo stato, repubblica parlamentare, con il “glorioso nome di Repubblica Romana”; la forma di governo sarebbe stata la “democrazia pura” secondo basi democratiche e non dinastiche e i poteri effettivi sarebbero stati in mano di un triumvirato formato da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. L’evento fu clamoroso ed ebbe ripercussioni anche in Toscana e in Piemonte ma, purtroppo, era destinato a fallire: divenuta il centro principale della rivoluzione democratica (nonché rifugio di esuli provenienti dall’intera penisola) la Repubblica Romana tentò di portare avanti con grande forza riforme tese alla laicizzazione dello stato e al rinnovamento sociale e politico, tra cui la confisca dei beni del clero e una riforma agraria, ma le ripercussioni furono inevitabili. Da Gaeta Pio IX aveva fatto appello a tutte le potenze cattoliche per essere ristabilito nei suoi territori e alla chiamata risposero non solo Austria, Spagna nonché, ovviamente, il Regno di Napoli ma anche la Francia del presidente Bonaparte, desideroso sia di prevenire un intervento austriaco che di guadagnarsi il favore cattolico. 35.000 soldati francesi vennero inviati nel Lazio e, nonostante la coraggiosa resistenza nella difesa di Roma (in cui emersero le qualità politiche di Mazzini e quelle militari di Garibaldi) la sconfitta fu inevitabile. La resa avvenne il 4 luglio.

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