Archivio per la categoria Wolfgang Amadeus Mozart

Baise moi

01Prima premessa: non sono un tradizionalista nel senso stretto del termine, almeno quando si parla di regia. Amo e ho amato alla follia vari tipi di spettacoli quindi, prima di assistere al Don Giovanni con regia di Graham Vick, scene e costumi di Stuart Nunn, luci di Giuseppe Di Iorio e coreografie di Ron Howell (andato in scena sabato e domenica scorsi al Teatro Pergolesi di Jesi in coproduzione con Teatri del Circuito Lirico Lombardo, Teatro dell’Aquila di Fermo, Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia), non avevo nessun tipo di pregiudizio. Vero è che la prima di Como, avvenuta a fine settembre, era stata salutata da contestazioni ma è anche vero che spesso le contestazioni accompagnano per partito preso gli spettacoli di Vick, regista contro cui non ho nulla di personale. Lo considero un autore di spettacoli che ho trovato discutibili (Guillaume Tell) ma anche di allestimenti splendidi (Mosè in Egitto): in altre parole non penso né che sia un nome da evitare né che sia un maestro cui tutto debba essere concesso in nome dell’Arte.
Seconda premessa: per adeguarmi al livello dello spettacolo dovrei infarcire la recensione di termini quali cazzo, fica, scopate, bocchini, pisciate… se non altro perché tale volgarità era quella subita dal pubblico nel corso dell’intera serata, con una serie di immagini disturbanti proposte senza nessun filtro. Se l’artista (anzi, l’Artista) decide di eliminare ogni filtro dovrei rispettare la sua volontà e eliminarli anche io, perché se dicessi “Donna Anna e Don Giovanni hanno avuto un amplesso nella prima scena del I Atto” dubito che susciterei la stessa reazione che se scrivessi “hanno scopato selvaggiamente”. Tuttavia non cadrò nel tranello e adotterò un linguaggio adeguato, lasciando al lettore il compito di sostituire, di volta in volta, le parole “edulcorate” con quelle che la sua cultura e la sua sensibilità meglio gli suggeriranno.
Terza premessa: a dispetto di quel che si può pensare leggendo la seconda premessa non sono un moralista: non credo al valore educativo dell’arte e non mi scandalizzo perché la regia di Vick è “diseducativa”. Non cerco nemmeno l’eleganza a tutti i costi: il teatro spesso parla della vita vera e nella vita vera le braccia ce le sporchiamo fino ai gomiti ed oltre. Alla moda spetta essere elegante e alla scuola è demandato il compito di educare, non al teatro: tutto, potenzialmente, è concesso a teatro purché, però, questo ipotetico “tutto” abbia un senso e una finalità precise.

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Mr. Sutherland

Richard BonyngeIn realtà avevo previsto un altro post per questo sabato, ma l’ennesimo ascolto, avvenuto stamattina, dello splendido recital Romantic French Arias di Joan Sutherland mi ha fatto riscoprire quanto la diva australiana dovesse, per i sommi risultati conseguiti in questo come in altri dischi, alla cultura e alla bravura del marito direttore d’orchestra. In Italia Richard Bonynge è sempre stato snobbato. Non so perché, ma la definizione comune, che lo vuole “Mr. Sutherland” (sostanzialmente legando la sua fortuna discografica e teatrale all’esclusiva presenza della moglie) è dura da mandare via ancora oggi. Io ho sempre pensato il contrario e ho sempre considerato Bonynge un direttore eccellente; eccelleva nel suo repertorio, ovviamente, che consisteva nel Belcanto italiano e nell’opera francese del XIX secolo, ma in questi ambiti è stato ed è davvero un grande. Era (ed è) un direttore innamorato delle voci, innanzitutto, e non si tratta di un’osservazione scontata: per dirigere l’opera italiana dell’800 è necessario amare la voce umana e amarne le potenzialità. Quando Bonynge adattava e ricuciva le parti delle grandi eroine ottocentesche (una su tutte, quell’Anna Bolena che la Sutherland affrontò davvero troppo tardi nella sua carriera) alle possibilità (comunque non comuni) della consorte, applicava un metodo abituale e scontato nella prassi esecutiva del XIX secolo: partiva dall’ovvia considerazione che il successo del cantante avrebbe condotto al successo anche l’opera e, considerando quanto deve la rinascita del belcanto ai grandi cantanti che l’hanno affrontato, aveva ovviamente ragione. Magari le sue letture non erano filologiche (i tagli, anche in studio, erano frequenti), ma erano “giuste”, nella misura in cui era “giusta” l’atmosfera che riusciva a creare. Lo stesso discorso può essere applicato all’opera francese: in Faust, ad esempio, Bonynge è l’unico che non solo non è messo a disagio dall’evidente influsso pompier di molte pagine, ma anziché cercare di sminuirlo vi si butta a capofitto, legando il capolavoro di Gounod al clima di tanti grand-opéra meyerbeeriani. Sarà arbitrario, ma anche affascinante, o almeno io la penso così. È grazie alla sua sensibilità musicale e alla sua sterminata cultura che Joan Sutherland ha scoperto le sue potenzialità nel repertorio che più ne ha esaltato le caratteristiche migliori, confermando in Bonynge una sensibilità nei confronti del canto che è uno dei motivi per cui lo considero un grande musicista e, sì, anche un grande direttore (peraltro ancora in carriera e con risultati egregi, come dimostrano alcune recenti incisioni Naxos). E siccome il luogo comune vuole che non si è grandi se non si canta e/o dirige Mozart mi adeguo alla vulgata nell’ascolto che segue il salto.

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“C’era il signor Mozart a tenermi compagnia”

Una delle scene più emozionanti dal film The Shawshank Redemption (Le ali della libertà) di Frank Darabont con Tim Robbins e Morgan Freeman.

I have no idea to this day what those two Italian ladies were singing about. Truth is, I don’t wanna know. Some things are best left unsaid. I’d like to think they were singing about something so beautiful it can’t be expressed in words, and it makes your heart ache because of it. I tell you those voices soared, higher and farther than anybody in a grey place dares to dream. It was like some beautiful bird flapped into our drab little cage and made these walls dissolve away, and for the briefest of moments, every last man in Shawshank felt free.

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Buon compleanno Mozart!

Il 27 gennaio 1756 nasceva a Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart. Se Donizetti è il mio compositore preferito Mozart resta comunque il più geniale operista di sempre.

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Tamino alla guerra

Ogni genere artistico ha delle regole ben precise, violando le quali rischia di essere snaturato nella sua essenza più profonda. L’opera lirica nasce e vive, innanzitutto, a teatro e nello spazio teatrale trova la sua ragion d’essere: trasferire un’opera lirica al cinema per farne un film può condurre a uno spiacevole effetto boomerang, ovvero scontentare i melomani e al tempo stesso annoiare i cinefili. Di fatto quasi tutte le trasposizioni cinematografiche di celebri opere liriche si sono risolte in un nulla di fatto per una serie di problemi squisitamente pratici, tra cui spicca quello del tempo. L’opera vive di tempi lenti e riflessivi, spesso incompatibili (anche nel caso delle opere più vivaci e drammaturgicamente brillanti) con il dinamismo richiesto al linguaggio cinematografico. Ne sa qualcosa Franco Zeffirelli, che ha girato ben due film-opera (La traviata e Otello) i quali, al di là del risultato artistico (discreto nel primo caso, discutibile nel secondo), sono stati accumunati da inaccettabili rimaneggiamenti delle partiture verdiane per “adattarle” al linguaggio cinematografico. Si tratta, mutatis mutandis, dello stesso problema in cui è incorsa la recente trasmissione televisiva “Mettiamoci all’opera”: le arie liriche sono state sminuzzate per essere adattate ai “tempi” televisivi (ancora più rapidi di quelli cinematografici) e gli artisti costretti a esibirsi anche in brani leggeri riadattati. Quello che ne esce non scontenta il melomane perché il melomane “è snob” (come amano dire certe anime candide), ma perché (molto semplicemente) non è opera, ma un qualcosa di diverso da ciò che dovrebbe essere un’opera lirica.

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L’amore ai tempi dello spaccio

La progressiva (e discussa) messa in scena della Trilogia dapontiana alla Fenice di Venezia per le cure registiche di Damiano Michieletto (Don Giovanni ha debuttato nel 2010, Le nozze di Figaro lo scorso ottobre mentre il Così fan tutte è previsto il prossimo febbraio) sta definitivamente consacrando il giovane regista veneziano come uno degli interpreti più originali e interessanti dell’attuale scena registica italiana. Il debutto di Michieletto (autore anche di splendide regie rossiniane) nel repertorio mozartiano era tuttavia avvenuto con Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio) allestito nel 2009 al Teatro San Carlo di Napoli, uno spettacolo controverso e particolare, ma affascinante e persuasivo, che ambientava l’intera azione del dinamico singspiel mozartiano su libretto di Christoph Friedrich Bretzner su uno yacht sperduto nel Mar Mediterraneo. Ho assistito allo spettacolo dal vivo e lo trovai un allestimento di grande bellezza e classe, in grado di sintetizzare con estrema intelligenza alcuni dei nodi cardine dell’opera mozartiana pur partendo da una radicale ricontestualizzazione della vicenda, ambientata ovviamente ai nostri giorni.

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La Regina olandese

È un momento un po’ convulso a causa del lavoro, quindi anche gli aggiornamenti del blog ne risentono. Restiamo comunque in tema mozartiano con l’ascolto di quella che ritengo essere una delle più perfette Königin der Nacht mai esibitasi in Die Zauberflöte: Cristina Deutekom.

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Mozart massone e rivoluzionario di Lidia Bramani

Uno dei contributi più appassionanti alla causa mozartiana che sono stati lasciati “in eredità” dalla messe di pubblicazioni realizzate tra il 2005 e il 2006 è, senza dubbio, questo splendido e documentatissimo volume a cura di Lidia Bramani: Mozart massone e rivoluzionario edito dalla Mondadori. Si tratta di una lettura molto impegnativa, ma illuminante e documentatissima, grazie alla quale viene smontato il mito di un Mozart chiuso nella sua arte e nel suo mondo un po’ ridanciano e disincantato (un mito alimentato anche dal film Amadeus di Milos Forman, film peraltro splendido) per indagare gli aspetti più curiosi del Mozart politico e massone. Il libro è documentatissimo e corredato da un imponente apparato di note che, se da un lato rende la lettura a tratti un po’ faticosa, dall’altro vede ripagata la fatica con una mole impressionante di dati e di documentazione, che ci restituiscono un Mozart dedito agli ideali illuministi di uguaglianza e libertà, “fervente anticlericale che pure coltivò una forte visione sacrale dell’esistenza”, come si legge nella quarta di copertina. L’analisi del pensiero filosofico e culturale mozartiano parte dall’analisi della sua biblioteca e consente un viaggio nell’ambito della letteratura illuminista che è solo il preludio alle precise e minuziose analisi dei capolavori operistici della maturità. Nella maggior parte dei casi, quando la Bramani si addentra nella biblioteca mozartiana, si tratta di libri oggi sconosciuti: il Télémaque di Fénelon, il Sethos di Terrasson, la Virgils Aeneis travestiert di Aloys Blumauer sono tutti testi che, oggi, dicono poco o nulla all’appassionato di musica lirica, ma si tratta di volumi che da Mozart furono letti, amati e ammirati, tanto da far penetrare nelle sue opere, anche le più insospettabili, quegli ideali massonici di pacifismo, uguaglianza e libertà che ci sembrano ancora oggi così moderni.

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Mozart The Supreme Decorator [Cd Opera Rara]

Sono passati cinque anni dalle imponenti celebrazioni mozartiane del 2006, grazie alle quali i negozi di dischi e le librerie sono state letteralmente inondate di nuovi cd, libri, dvd e, in generale, di un’impressionante quantità di pubblicazioni tutte volte a celebrare il genio salisburghese. Con il senno del poi è possibile iniziare a distinguere da questo oceano i contributi più ricercati e originali, tra cui spicca indubbiamente questo prezioso cd edito da Opera Rara. Un cd prezioso perché indaga due degli aspetti più particolari e sconosciuti di Wolfgang Amadeus Mozart, ovvero la sua sensazionale capacità di valorizzare le voci tramite abbellimenti composti ad hoc e la sua attenta osservazione della produzione musicale contemporanea, da cui in non pochi casi trasse spunto per creare alcuni dei suoi più celebri capolavori. Scrive il compianto Sir Charles Mackerras (mozartiano insigne, cui l’etichetta inglese affidò questo particolarissimo e riuscito progetto discografico) nelle note di copertina: “Con l’approssimarsi del duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Mozart, ritengo giusto esaminare due aspetti della sua produzione che generalmente passano sotto silenzio, ma che in realtà inquadrano in maniera nuova il modo di pensare del grande compositore. Il primo è rappresentato dagli abbellimenti inseriti dallo stesso Mozart nella propria musica vocale […]. L’altro aspetto poco noto è rappresentato dai prestiti mozartiani. Spesso il compositore trovava ispirazione nelle opere altrui […]. Mozart ammirava particolarmente la musica di un contemporaneo ben più anziano di lui: Johann Christian Bach. La presente registrazione dimostra come il materiale preso a prestito da Mozart sia stato trasformato in alcune delle sue ispirazioni più divine”.

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