Archivio per la categoria L’esule di Roma

acta est fabula – 3 – L’esule di Roma di Gaetano Donizetti

L’epistolario di Gaetano Donizetti è uno dei testi più affascinanti, per un musicofilo, lasciati da un compositore ottocentesco: esso ci rivela non solo moltissime informazioni sulla vita quotidiana dei teatri del tempo, ma anche la descrizione di un uomo buono, onesto, dalle ottime capacità letterarie e consapevole delle sue qualità e delle sue potenzialità. Dopo il debutto del suo esule di Roma (Teatro San Carlo di Napoli, 1 gennaio 1828) troviamo una lettera particolarmente interessante sulla poetica e le ambizioni donizettiane (ricordo che il compositore, al momento di scrivere la lettera destinata al suo Maestro Mayr, non aveva ancora scritto nessuna opera con finale tragico, con l’ovvia esclusione della Gabriella di Vergy che, però, non era mai stata messa in scena):

L’anno venturo finirò il primo atto con un quartetto ed il secondo con una morte a mio modo. Voglio scuotere il giogo dei finali… ma per adesso finire a terzetto mai più, poiché tutti mi dicono, che se morissi […] e rinascessi non farei più cosa simile… ma io incoraggio, mi sento capace di fare cose migliori.

L’esule di Roma ci colpisce perché, oltre a essere la prima opera donizettiana di ambientazione neoclassica, è una testimonianza di come l’opera neoclassica fosse divenuta anche terreno fertile per le sperimentazioni, in questo caso innestando all’interno della composizione un triangolo praticamente borghese, in cui l’ambientazione romana è di fatto un pretesto per l’esplorazione dei caratteri psicologici dei tre protagonisti (il terzetto che chiude il I Atto, cui Donizetti allude nella lettera). La grandiosità delle chiusure d’atto di Ecuba e dell’ultimo giorno di Pompei appare lontana dall’intimo clima di scontro familiare di questo terzetto, che costiuisce l’intero blocco del Finale I e che fu tra i brani più celebri (ai suoi dì) dell’opera in questione.

Leggi il seguito di questo post »

, , , , , , , , , , ,

1 Commento