Articoli con tag Carella

acta est fabula – 2 – L’ultimo giorno di Pompei di Giovanni Pacini

La riscoperta dei resti della città di Pompei (iniziata con i primi scavi del 1738) conobbe un relativo momento di vivacità dal 1808, quando la moglie di Gioacchino Murat, Carolina Bonaparte, incoraggiò e potenziò le operazioni di scavo delle città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d.C. È in questo clima (da notare che anche i Borboni, sia pur in misura minore, contribuirono agli scavi di Pompei negli anni ’20 e ’30 del XIX secolo) che il Teatro San Carlo ospita, il 19 novembre 1825, il debutto de L’ultimo giorno di Pompei di Giovanni Pacini, interessante opera kolossal – catastrofica che, anche grazie alle maestose scenografie di Alessandro Sanquirico, stupì il pubblico napoletano cogliendo un deciso successo. Il gusto per lo spettacolare effetto scenico, mutuato in parte dall’opera francese, si univa a un’ambientazione neoclassica calata in un’atmosfera apocalittica (già dal titolo) nella cui incombente tragicità non è peregrino cogliere già un aspetto romantico: l’opera precede di nove anni il poi celeberrimo romanzo The Last Days of Pompeii dello scrittore britannico Edward Bulwer-Lytton, la cui trama sarà alla base di buona parte delle successive manifestazioni artistiche ispirate agli ultimi momenti di Pompei. Nell’opera di Pacini il gusto per il pittoresco e per la ricostruzione pompeiana (evidente nella cura delle didascalie del libretto di Andrea Leone Tottola) si unisce all’impianto dell’opera neoclassica mutuata dallo stile francese, creando un melodramma decisamente diverso dalle opere composte a inizio secolo; lo stacco rispetto a un capolavoro come l’Ecuba è radicale, dato che gli influssi rossiniani sono ingombranti e presenti, nonostante la presenza di una costruzione drammaturgica discretamente originale in alcune scene: il risultato è un’opera abbastanza vivace, un mélange di suggestioni e spunti culturali che, nella sua eterogeneità, non sembra privo di fascino ed efficacia.

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Buon compleanno Rossini!

Quale giorno poteva scegliere per nascere Gioachino Rossini se non il 29 febbraio? Visto che il compleanno del pesarese si “celebra” una volta ogni quattro anni vediamo di festeggiare con qualcosa in grande, ad esempio la Cantata La morte di Didone al gran completo con un’interprete d’eccezione, ovvero Mariella Devia. Auguri Maestro!

Su La morte di Didone segnalo anche questo bel saggio di Roberta Pedrotti.

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Risorgimento – 2: Caritea, Regina di Spagna di Saverio Mercadante

L’omaggio di Non solo Belcanto al 150° dell’Unità d’Italia avviene con l’approccio a quattro melodrammi “inusualmente” risorgimentali (Clicca sull’immagine a lato o sul banner nella colonna di destra per leggere gli altri articoli del ciclo).

Il fatto

Tra i moti insurrezionali che interessarono l’Italia negli anni ’40 spicca il coraggioso tentativo di Attilio ed Emilio Bandiera, due giovani fratelli veneziani, entrambi ufficiali disertori della marina austriaca e aderenti alla Giovine Italia (l’associazione sciolta negli anni ’30 e da Mazzini rifondata nel 1840). Agli inizi dell’estate del 1844 entrambi sbarcarono, assieme ad un manipolo di compagni, sulle coste calabresi nell’obiettivo di partecipare alla rivolta popolare contro il governo borbonico. Il gruppo di rivoltosi, tuttavia, comprese da subito che i moti (scoppiati a marzo) erano stati rapidamente sedati, ma i fratelli Bandiera vollero comunque proseguire nella loro spedizione incontrando, tuttavia, la resistenza o, peggio, l’indifferenza delle popolazioni locali. Traditi dal compagno Pietro Boccheciampe, che li denunciò a Crotone, i rivoltosi vennero arrestati dalle guardie austriache alle porte di San Giovanni in Fiore. Pochissime furono le grazie concesse dal re Ferdinando II e nove partecipanti alla spedizione furono condannati a morte. I fratelli Bandiera con altri sette compagni vennero fucilati nei pressi di Cosenza il 25 luglio 1844 e si avviarono provocatoriamente al patibolo cantando un coro dall’opera Caritea, Regina di Spagna di Saverio Mercadante (nota anche con il titolo di Donna Caritea) che recitava: “Chi per la patria muor vissuto è assai!”. Nonostante non fosse stata organizzata da Mazzini (che, anzi, aveva espresso pareri negativi sull’opportunità di simili iniziative) il fallimento della spedizione riaccese le polemiche dei moderati, che criticavano aspramente le fallimentari insurrezioni ispirate dai repubblicani e, di conseguenza, l’operato e i metodi mazziniani.

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