Articoli con tag Gothic Tales

L’Ernani di Gabussi e i frammenti di Bellini

L’Ernani di Vincenzo Bellini (1830)

Quello di Verdi non fu, come già detto, il primo Ernani della storia dell’opera, dato che prima di lui ne aveva composto uno il compositore bolognese Vincenzo Gabussi e lo stesso Vincenzo Bellini si era innamorato del soggetto per il Teatro Carcano di Milano, stendendone anche parte della musica (che ci è pervenuta) prima di cambiare idea e creare La sonnambula. Nel luglio 1830 (dunque pochissimo tempo dopo il debutto della pièce di Hugo) Bellini sembrava entusiasta scrivendo all’editore Guglielmo Cottrau che “l’Hernani mi piace assai, e piace parimenti alla Pasta ed a Romani, ed a quanti l’han letto: nei primi di settembre mi metto al lavoro”. Come mai Bellini abbia poi deciso di cambiare soggetto non è ancora chiaro: una lettera all’amico Augusto Lamperi del 17 novembre lo mostra ancora convinto, ma il 3 gennaio 1831 (lettera a Giovanni Battista Perrucchini) il progetto è già abortito in favore della sonnambula. Il vuoto dell’epistolario tra queste due lettere impedisce di sapere con certezza le motivazioni che convinsero Bellini e Romani a lasciare Ernani al suo destino e ben deboli appaiono quelle di Emilia Branca in Romani che, nella celebre biografia del marito pubblicata nel 1882, individuava la ragione principale nella necessità di non confrontarsi con Donizetti (che al Carcano aveva dato Anna Bolena il 26 dicembre 1830) sullo stesso terreno dell’opera seria, in cui il bergamasco aveva, secondo quanto riporta, trionfato.

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Gothic Tales – 4 – Ernani di Giuseppe Verdi

Se il Nabucco fu, per Giuseppe Verdi, l’opera dell’affermazione l’Ernani si pose come il lavoro che ne consolidò il successo, diffondendosi a macchia d’olio in tutta Italia dopo il debutto del 9 marzo 1844 al Teatro La Fenice di Venezia (peraltro era la prima volta che Verdi componeva per un teatro che non fosse la Scala). Merito della travolgente piena melodica della musica verdiana, merito delle atmosfere vagamente risorgimentali e barricadere che la resero subito gradita al pubblico ma merito, anche, delle situazioni lugubri e goticheggianti di una storia che, al pari di molti film horror dei nostri tempi, vede compiersi la catastrofe finale nel momento in cui tutto sembra felicemente risolto. Ricordava il grande critico ottocentesco Filippo Filippi, nella “Perseveranza” del 31 gennaio 1881, che buona parte del successo del lavoro, negli anni subito seguenti il debutto, era da attribuirsi anche al fascino inquietante e sinistro dato dal suono del corno che ricorda a Ernani la necessità di compiere il suo suicidio d’onore: “La gente, prima di coricarsi, guardava intorno per paura che ci fosse Don Gomez De Silva col suo corno fatale, pronto a suonare durante la notte”. Il commento viene riportato in un saggio del 1951 da Emilio Radius, che chiosa giustamente: “A parte il valore della musica, impressioni simili ne fecero sul pubblico dei nostri tempi soltanto certi film muti che giovavano della suggestione di una nuova arte o di un nuovo artificio”. Era forse perché consapevoli dell’effetto “estremo” e terrorizzante offerto dal misterioso suono che avviene fuori scena, che durante le prove organizzatori e censori (che già avevano tollerato la scelta di un soggetto considerato “scandaloso” come l’Hernani di Hugo) avanzarono dei dubbi sul cupo si naturale con cui Silva annuncia, nel IV Atto, la sua vendetta? Le atmosfere goticheggianti e misteriose dell’Ernani non finiscono, tuttavia, qui: è indimenticabile il cupo impasto orchestrale con cui si apre il III Atto tra i sepolcri di Aquisgrana. La toccante meditazione di Don Carlo sulla futilità della vita viene introdotta da un celeberrimo assolo di clarino basso (lo stesso strumento protagonista dello splendido Preludio all’Atto II della Maria de Rudenz e che, incredibilmente per l’epoca, il Teatro La Fenice aveva stabilmente in organico) che contribuisce a definire un clima di sepolcrale suggestione: come nota Fabrizio Della Seta in origine l’assolo doveva essere di tromba, ma la presenza di questo strumento così particolare in organico e il fascino del suo timbro così insolito sono stati più attraenti per il giovane compositore.

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Gothic Tales – 3 – Maria de Rudenz di Gaetano Donizetti

Il pulp è un genere letterario che propone vicende dai contenuti forti, abbondanti di crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre […].Il genere pulp nacque nei primi anni venti negli Stati Uniti con storie pubblicate a puntate su riviste (le cosiddette Pulp magazine) di 128 pagine dalle sfolgoranti copertine ma con le pagine interne stampate su carta non rifilata di polpa di legno (in inglese pulp), quindi di infima qualità. (Fonte: Wikipedia)

Forse non rispetta tutte le regole del pulp (che del resto non era ancora nato), ma la donizettiana Maria de Rudenz è indubbiamente una vicenda piena di contenuti forti e scelleratezze, oscillante tra fantasmi (presunti) e crimini (reali) per concludersi con la protagonista che, creduta erroneamente morta in almeno un paio di occasioni, muore definitivamente strappandosi le bende dalle ferite sanguinanti e gettandole a terra di fronte al suo assassino. Composta per il Teatro La Fenice di Venezia dove debuttò il 30 gennaio 1838, Maria de Rudenz non è solo l’ultima opera donizettiana rappresentata in Italia prima della fase francese del compositore di Bergamo, ma è anche uno dei titoli più violenti e convulsi dell’intera letteratura operistica, vera summa della celebre frase dell’autore “Voglio amore e amor violento”. Di amore violento, in quest’opera, ce n’è a bizzeffe: un amore (specialmente quello della protagonista) così totalizzante e dirompente da poter quasi giustificare azioni agghiaccianti ed estreme, in un soggetto la cui violenza venne fortemente stigmatizzata da gran parte dei critici dopo la prima. Maria de Rudenz, in realtà, è un’opera molto interessante e ricca di musica spesso splendida (del resto è un lavoro che appartiene alla piena maturità donizettiana), costruita secondo un interessante ed equilibrato senso delle proporzioni che, specialmente negli appassionanti duetti di II e III Atto, conduce a vertici notevoli.

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Gothic Tales – 2 – Torvaldo e Dorliska di Gioachino Rossini

Altro giro, altra corsa, altra opera semiseria, stavolta la prima opera semiseria composta nientemeno che da Gioachino Rossini, la cui “prima volta” ufficiale nel genere avvenne con il Torvaldo e Dorliska che, su libretto di Cesare Sterbini, debuttò al Teatro Valle di Roma il 26 dicembre 1815. Al pari di Camilla, o Il sotterraneo di Ferdinando Paër troviamo un’ambientazione goticheggiante e misteriosa (folte foreste e castelli tenebrosi) che fa da sfondo all’innocenza perseguitata della protagonista e alle torbide macchinazione del cattivo di turno (che, stavolta, è cattivo veramente, benché denso di fragilità emotiva, e non semplicemente vittima di un sospetto eccessivo come in Camilla). Per lungo tempo sull’opera è gravato il mito di una supposta bruttezza e di una scarsità d’ispirazione del compositore pesarese, un mito in realtà smentito dall’ascolto dell’opera in questione, che si rivela essere un lavoro molto interessante e persuasivo, ricco di musica spesso splendida che, non a caso, venne da Rossini tratta da opere precedenti e/o riversata in lavori successivi: parte della Sinfonia sarà riutilizzata nella Gazzetta e nella Cenerentola; la cabaletta della prima aria di Torvaldo “Cara consolati” è mutuata da “Voce che tenera” (aria alternativa del Tancredi) mentre la cabaletta della seconda aria è riadattata da quella dell’aria di Argirio al II Atto, sempre dal Tancredi; la cabaletta di Dorliska “Ah, morir pel caro sposo” passerà nell’aria di Rosina nel Barbiere di Siviglia “Ah, se è ver”, composta per Josephine Fodor-Mainville ma parte della scrittura orchestrale troverà spazio anche nel finale di Cenerentola; la pazzia del Duca diventerà il duetto “L’ira d’avverso fato” in Otello e l’elenco non finisce qui (vedi anche questa pagina per un elenco più completo).

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Gothic Tales – 1 – Camilla, o Il sotterraneo di Ferdinando Paër

Alla fine del 1700 si iniziò a diffondere l’opera semiseria, un genere ibrido e affascinante (ne avevamo già parlato, peraltro) mutuato dall’opéra-comique, di cui fu, praticamente, l’adattamento in italiano. L’opéra-comique era un genere che, oltre a presentare personaggi “naturali” e quotidiani come protagonisti (a differenza della tragédie lyrique) rifletteva anche il gusto di fine ‘700 nei confronti del sentimentalismo, inteso come educazione alle emozioni più nobili, nonché l’attenzione verso le emergenti e sempre più popolari atmosfere gotiche. Nel momento in cui si dovevano adattare le caratteristiche dell’opéra-comique al teatro lirico italiano esse vennero destinate all’opera semiseria per l’impossibilità di trovare terreno fertile nel genere tragico (incompatibile con la presenza di personaggi buffi e/o popolareggianti) o buffo (che vedeva di mal grado le aperture vistose al sentimentalismo, alla drammaticità e alla serietà di molte trame). Un esempio perfetto di opéra-comique dal clima goticheggiante con protagonisti scelti dalla vita quotidiana è in Camille, ou Le Soutterrain (Parigi, 1791) di Nicolas Dalayrac (lo stesso autore della Nina del 1786, da cui Paisiello trarrà nel 1798 la sua Nina, o sia la pazza per amore), un soggetto che è alla base di Camilla, ossia Il sotterraneo di Ferdinando Paër, che debuttò al Kärntnertortheater di Vienna il 23 febbraio 1799 su libretto di Giuseppe Antonio Carpani.

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Upcoming

Un nuovo ciclo di opere è in preparazione e arriva con il nuovo anno (nonché con il cambio della stagione): viste le atmosfere invernali di questo periodo i prossimi quattro titoli (ovviamente tutti appartenenti alla letteratura musicale italiana dell’800) consisteranno in altrettanti “racconti gotici” o, meglio, in opere che, pur rinunciando alla tematica del soprannaturale horror (mai stata popolarissima nel melodramma italiano), presentano elementi caratteristici della grande stagione del romanzo gotico, come storie collocate nel Medioevo assieme ad ambientazioni lugubri e suggestive quali castelli diroccati, sotterranei ed altri luoghi cupi, in cui spesso potremmo trovare fragili figure femminili ingiustamente perseguitate ma anche ardite e sanguinarie erinni bramose di vendetta. Arrivano i Gothic Tales, tutti accompagnati dalle foto della bravissima Lucia T Sepúlveda.

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