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Un Turco a Napoli

“Ce l’ho… ce l’ho… manca!”: questo è il ritornello di ogni collezionista che si rispetti che, da qualche tempo a questa parte, possono applicare alla discografia rossiniana anche gli appassionati del compositore pesarese. Esaurita, in parte, l’ubriacatura rossiniana degli anni ’80 e ’90 (che ha portato all’esecuzione integrale di tutte le opere del pesarese) le case discografiche e le istituzioni teatrali si sono cominciate a orientare verso tutte le versioni alternative (a volte autografe, a volte spurie). Nel caso della cosiddetta “versione di Napoli” del Turco in Italia (allestita nel 2009 al Teatro Olimpico di Vicenza e ora edita in dvd dalla Bongiovanni) le note alla registrazione di Marco Marcarini ci informano che “la partitura utilizzata per le recite napoletane è andata malauguratamente perduta” ma è ricostruibile sulla base di “una copia del libretto stampato per l’occasione, conservata presso la biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella”. Una versione probabilmente autografa, dunque (ancora dalle note: “l’ipotesi dell’intervento diretto di Rossini avrebbe forse potuto trovare un’oggettivazione in presenza di adattamenti di suo pugno”) comunque interessante nel far comprendere come la struttura di un’opera lirica fosse, nella prima metà del XIX secolo, un organismo estremamente variabile e soggetto a numerose modifiche. Nel caso specifico del Turco in Italia (che debuttò a Milano con scarso successo nel 1814) il fatto curioso è notare la presenza di molti brani che il pubblico napoletano aveva già conosciuto perché inseriti nella Gazzetta rappresentata al Teatro dei Fiorentini il 26 settembre 1816, tra cui non solo quelli già presenti nella versione “originale” dell’opera (duetto Fiorilla e Geronio e concertato del II Atto) ma anche la “nuova” aria d’entrata della primadonna (comunque mutuata da quella composta per le recite romane del Turco avvenute nel 1815).

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