Articoli con tag Risorgimento

O patria mia di Simonetta Chiappini

Un ulteriore, e per il momento ultimo, libro dedicato al Risorgimento e alla vita musicale italiana del XIX secolo che mi sento di segnalare è l’ambizioso “O patria mia” (che Simonetta Chiappini ha pubblicato presso Le Lettere) con cui si chiude l’ideale trilogia bibliografico – risorgimentale che il blog ha consigliato, cominciando con “Chi per la patria muor / Alma sì rea non ha” di Francesco Cento della inEdition editrice e proseguendo con “O mia patria”, di Giovanni Gavazzeni, Armandio Torno e Carlo Vitali, edito dalla Baldini Castoldi Dalai. Il volume è ambizioso sia nella proposta che nella struttura, dato che si svolge come un complesso viaggio storico all’interno di una forma d’arte (il melodramma, appunto) di cui l’autrice cerca di sviscerare i complicati rapporti con i tumultuosi avvenimenti che caratterizzarono il XIX secolo e parte del XX, fino al fascismo. L’imponente apparato di note e la vastità dei temi trattati sono gestiti con disinvoltura, riuscendo a spaziare dalla letteratura (vengono citate sia la mitica Corinna o l’Italia di Madame de Staël che Massimilla Doni di Honoré de Balzac) all’analisi sociologica del melodramma ottocentesco come specchio di una società sempre più chiusa e, per quanto riguarda la figura della donna, sempre più opprimente. È particolarmente interessante l’ultimo paragrafo («Dalla “Giovine Italia” a “Giovinezza”») per l’accurata disamina de L’anima musicale della Patria, corposa raccolta di canti “popolari” (o presunti tali) che Achille Schinelli curò nel 1928 e che venne pubblicata da Ricordi in pompa magna con tanto di dedica a Benito Mussolini. I brani contenuti nella raccolta coprono un arco che va dal 1796 (Inno all’Albero della Libertà) alla famigerata Giovinezza fascista del 1922 e propongono un’analisi del sistema di propaganda fascista molto interessante, dato che fa combaciare l’apparente rivoluzione del movimento fascista (in realtà, come sappiamo, decisamente reazionario nell’ideologia e nell’idea di famiglia) con le aspirazioni rivoluzionarie del Risorgimento: le delusioni per i problemi dei primi anni dell’Italia unita, la rabbia verso la decadenza della società (che si risolse nella seconda metà dell’800 nell’innocuo – ma affascinante – momento della Scapigliatura) venivano superate da canti che proponevano un’esaltazione delle virtù virili del maschio italico e della forza rivoluzionaria dell’Unità.

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O mia patria di Giovanni Gavazzeni, Armando Torno e Carlo Vitali

L’Italia è un paese strano, che ha bisogno di continue iniezioni di memoria per ricordare quello che è stato il suo passato e quelle che sono state le sue origini. Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, avvenute lo scorso anno in un clima economico di estrema incertezza e in un clima politico sul quale tacere è bello, sono ritornate sul ferro sempre caldo del Risorgimento e, in particolare, sulla musica che accompagnò la progressiva unificazione territoriale e geografica della penisola: tra i contributi pubblicati cavalcando l’onda dell’evento ho trovato particolarmente interessante “O mia patria”, volume a otto mani edito dalla Baldini Castoldi Dalai. Scrivo otto mani perché la prefazione di Philip Gossett è molto più che una semplice introduzione all’argomento (la musica popolare nel Risorgimento) ma si configura come una interessantissima piccola storia dei canti ottocenteschi, da leggere magari tenendo nel lettore un cd come Fratelli d’Italia, che gli stessi canti raccoglie in una completa antologia. Il centro del volume è nella storia del melodramma risorgimentale presentata in maniera agile, ma completa, da Giovanni Gavazzeni: pur limitandosi ai quattro grandi autori del canone ottocentesco italiano, Gavazzeni si permette una trattazione a metà tra il saggio storico e la musicologia, non perdendo mai di vista l’obiettivo del libro, ovvero dimostrare che (sono parole sue) “è nel mondo dell’opera […] che gli italiani, nonostante le sforbiciate censorie, si conquistavano faticosamente uno spazio di discussione che altrove languiva“. Una tesi condivibilissima, che viene esposta con rigore e completezza in un viaggio tra i capolavori di Rossini, Bellini, Donizetti e, immancabilmente, Verdi. All’analisi di Gavazzeni segue un interessante percorso socio-economico (significativamente intitolato “Opera, affare di stato”) a cura di Carlo Vitali (che firma anche un agile prospetto sinottico finale), in cui trovano spazio rimandi alle abitudini musicali della famiglia Leopardi e interessanti considerazioni sulla censura del XIX secolo. Il volume si chiude con Armando Torno che, nel capitolo finale, affronta l’affascinante figura di Pietro Maroncelli, patriota musicista e, secondo Torno, “il meno provinciale dei patrioti in un’Italia che riuscì ad esserlo completamente” e nella cui vita senza produzione musicale “si incarna e riflette il dramma culturale di un’epoca tutta italiana”.

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Chi per la patria muor / Alma sì rea non ha” di Francesco Cento

È questo “Chi per la patria muor / Alma sì rea non ha” della inEdition editrice un libro agile e scorrevole (meno di 100 pagine) scovato per puro caso questa estate a Pesaro e da me divorato in un paio di pomeriggi. L’autore Francesco Cento (scrittore e scultore, anche autore dell’immagine di copertina) propone un viaggio all’interno degli anni tumultuosi della Repubblica Romana, anni in cui vide la luce La Battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi, dedicando particolare attenzione alla carriera e alle idee patriottiche del librettista dell’opera Salvadore Cammarano, di cui viene presentato un rapido ritratto con versi tratti dai suoi libretti più celebri. Nel partire dal presupposto che il melodramma era la “Biblia pauperum” dei patrioti del XIX secolo Cento preferisce concentrarsi sugli aspetti più schiettamente comunicativi dei libretti d’opera, chiamati a parlare alle masse di un’epoca di libertà da costruire. Nel I Capitolo rivivono così gli episodi legati alle rappresentazioni degli Esiliati in Siberia a Modena, l’entusiasmo suscitato dalla Gemma di Vergy a Palermo e, ovviamente, il furore che scatenò il celebre coro della Caritea, regina di Spagna di Mercadante (proprio l’incipit del coro, seguito da un verso della Battaglia di Legnano, forma il titolo del volumetto). Nonostante l’ampiezza della materia c’è spazio non solo per parlare di lirica e di musica, ma anche per ricordare la partecipazione del Sud Italia alle rivolte per l’indipendenza nazionale in una serie di rivolte spesso scomparse dalla storiografia ufficiale per “la cosiddetta <<lotta al brigantaggio>> degli anni a venire che forgerà un forte pregiudizio nei confronti della partecipazione delle regioni del Sud alle lotte risorgimentali“, come scrive lo stesso Cento. Nella carrellata di intellettuali e rivoltosi che agirono e operarono in quegli anni si ritaglia alcune pagine anche il musicista Pietro Maroncelli, nominato anche da Silvio Pellico ne Le Mie Prigioni, di cui Cento racconta la polemica netta con lo stile rossiniano imperante all’epoca che, forse, impedì a Maroncelli di emergere come avrebbe potuto. Al centro del volumetto, comunque, c’è proprio La Battaglia di Legnano verdiana, le cui implicazioni patriottiche sono raccontate con schiettezza e osservazioni pertinenti, come quando Cento individua una possibile causa del rapido declino dell’opera durante l’Italia unita nel suo essere uno “scomodo, quando non fastidioso, promemoria di speranze tradite e di ideali compromessi“. Per un’Italia che era nata su radici, in fondo, malate doveva essere davvero doloroso ricordare un’opera che raccontava “quello spirito di indipendenza e di libertà che non ce la faceva più a stare tra le righe“… e altrettanto doloroso è ricordare oggi quello spirito di cui si nutriva l’ala repubblicana del nostro Risorgimento. Un libro che non ha certo pretese di enciclopedizzazione e/o di completezza ma che si rivela essere un contributo di piacevole e agile lettura alle “celebrazioni” per il 150° dell’Italia Unita, utile soprattutto per coloro che ricercano un possibile primo approccio alla materia.

Pubblicato anche su L’ape musicale.

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Risorgimento – 4: La Battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi

L’omaggio di Non solo Belcanto al 150° dell’Unità d’Italia avviene con l’approccio a quattro melodrammi “inusualmente” risorgimentali (Clicca sull’immagine a lato o sul banner nella colonna di destra per leggere gli altri articoli del ciclo).

Il fatto

Una delle pagine più gloriose del Risorgimento fu la creazione della Repubblica Romana, ufficialmente proclamata dopo le elezioni a suffragio universale tenute nel gennaio del 1849 e seguita alla fuga di Pio IX da Roma dopo l’uccisione in un attentato del primo ministro pontificio Pellegrino Rossi. Rifugiatosi il papa a Gaeta, presso i Borboni, la capitale rimase senza governo e si insediarono i gruppi democratici: in questo clima esaltato e vivace debuttò al Teatro Argentina il 27 gennaio La Battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi, accolta da un fanatico entusiasmo che si concluse con il bis finale dell’intero IV Atto, significativamente intitolato “Morire per la patria!”. Il 9 febbraio l’Assemblea Costituente eletta proclamò la decadenza del potere temporale del papa e la nascita del nuovo stato, repubblica parlamentare, con il “glorioso nome di Repubblica Romana”; la forma di governo sarebbe stata la “democrazia pura” secondo basi democratiche e non dinastiche e i poteri effettivi sarebbero stati in mano di un triumvirato formato da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. L’evento fu clamoroso ed ebbe ripercussioni anche in Toscana e in Piemonte ma, purtroppo, era destinato a fallire: divenuta il centro principale della rivoluzione democratica (nonché rifugio di esuli provenienti dall’intera penisola) la Repubblica Romana tentò di portare avanti con grande forza riforme tese alla laicizzazione dello stato e al rinnovamento sociale e politico, tra cui la confisca dei beni del clero e una riforma agraria, ma le ripercussioni furono inevitabili. Da Gaeta Pio IX aveva fatto appello a tutte le potenze cattoliche per essere ristabilito nei suoi territori e alla chiamata risposero non solo Austria, Spagna nonché, ovviamente, il Regno di Napoli ma anche la Francia del presidente Bonaparte, desideroso sia di prevenire un intervento austriaco che di guadagnarsi il favore cattolico. 35.000 soldati francesi vennero inviati nel Lazio e, nonostante la coraggiosa resistenza nella difesa di Roma (in cui emersero le qualità politiche di Mazzini e quelle militari di Garibaldi) la sconfitta fu inevitabile. La resa avvenne il 4 luglio.

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Risorgimento: Fratelli d’Italia – 2

Un’ulteriore segnalazione che ritengo doverosa in un blog votato, come è appunto Non solo Belcanto, alla musica italiana del XIX secolo: nel profluvio di prodotti celebrativi che sono arrivati nei negozi di dischi, nelle edicole e nelle librerie spicca questo doppio cd Fratelli d’Italia edito dalla Twilight Music. Quello che caratterizza il cofanetto è, innanzitutto, l’accurata scelta dei brani: l’ambito delle scelte musicali di questo Fratelli d’Italia si limita al XIX secolo, senza sconfinare in brani già novecenteschi come La leggenda del Piave e questa esclusiva vocazione ottocentesca rende l’antologia decisamente appetibile (almeno per il sottoscritto), senza contare che il prezzo appare decisamente abbordabile. Le registrazioni, inoltre, provengono tutte dagli archivi RAI e sono state restaurate e impaginate con molta cura.

Dentro c’è tutto quello che un appassionato dell’800 può desiderare: si va dall’Inno dell’albero della libertà di epoca napoleonica (1796) alla Camicia Rossa garibaldina (1860); la travolgente cabaletta “Suoni la tromba” dei belliniani Puritani (interpretata da Sesto Bruscantini e Franco Calabrese) è presente assieme alla struggente “O tu Palermo” dai verdiani Vespri Siciliani (affidata a Nicola Rossi Lemeni); Addio mia bella addio (1848) e il celebre Coro della già citata (in questo blog) Caritea, Regina di Spagna si affiancano agli immancabili “Va pensiero” del Nabucco e all’Inno di Mameli.

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Risorgimento – 3: Gemma di Vergy di Gaetano Donizetti

L’omaggio di Non solo Belcanto al 150° dell’Unità d’Italia avviene con l’approccio a quattro melodrammi “inusualmente” risorgimentali (Clicca sull’immagine a lato o sul banner nella colonna di destra per leggere gli altri articoli del ciclo).

Il Fatto

Il 1848 coincise, in Italia, con un forte clima di attesa: le aperture riformatrici attuate nello Stato Pontificio, in Piemonte e in Toscana avevano creato forti aspettative nell’opinione pubblica, che si aspettava un’evoluzione dei vecchi regimi tramite la concessione di costituzioni o statuti fondati sul sistema rappresentativo. Il 12 gennaio i primi a ribellarsi furono i siciliani, che si sollevarono a Palermo il 12 gennaio del 1848, costringendo Ferdinando II di Borbone a concedere una costituzione nel Regno delle due Sicilie che venne annunciata il 29 gennaio. La scelta di far partire la rivolta il 12 gennaio non fu affatto casuale, dato che coincideva con il compleanno del re Borbone (nato proprio a Palermo) e ad essa contribuì anche la forte manifestazione popolare scatenatasi al Teatro Carolino di Palermo durante una serie di recite della donizettiana Gemma di Vergy: alle parole del tenore “Mi toglieste e core e mente / patria, numi e libertà” il pubblico proruppe in acclamazione e l’opera non poté proseguire finché la primadonna, Teresa Parodi, non si presentò in scena brandendo il tricolore. La stessa Teresa Parodi sarà protagonista, a febbraio, di una serata al Teatro Carolino in cui eseguirà anche l’Inno Popolare a Pio IX (allora considerato come grande liberale) di Filippo Meucci e Gaetano Magazzari. Le spinte indipendentiste siciliane portarono alla creazione di uno stato indipendente sotto il controllo dei separatisti e con una propria costituzione democratica. Alla guida dello stato venne posto Ruggero Settimo, costretto a fuggire a Malta nel momento in cui l’esercito borbonico riacquistò con la forza, nel 1849, il pieno controllo dell’isola.A Malta Settimo restò fino alla morte, avvenuta nel 1863, anche se nel 1861 gli venne offerta la carica di primo Presidente del Senato del parlamento italiano, carica che Settimo rifiutò per le precarie condizioni di salute.

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Risorgimento: Fratelli d’Italia – 1

Restiamo in clima risorgimentale, prima dei prossimi articoli del ciclo dedicato da Non solo Belcanto al Risorgimento, con quella che personalmente considero la più esaltante e emozionante esecuzione del nostro Inno Nazionale. Mario del Monaco esegue il Canto degli Italiani accompagnato dall’Orchestra e Coro RCA diretta da Franco Ferrara. L’incisione è stata realizzata per un LP celebrativo del 1961 (I canti che hanno fatto l’Italia) recentemente ristampato in doppio cd dalla Sony.

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Risorgimento – 2: Caritea, Regina di Spagna di Saverio Mercadante

L’omaggio di Non solo Belcanto al 150° dell’Unità d’Italia avviene con l’approccio a quattro melodrammi “inusualmente” risorgimentali (Clicca sull’immagine a lato o sul banner nella colonna di destra per leggere gli altri articoli del ciclo).

Il fatto

Tra i moti insurrezionali che interessarono l’Italia negli anni ’40 spicca il coraggioso tentativo di Attilio ed Emilio Bandiera, due giovani fratelli veneziani, entrambi ufficiali disertori della marina austriaca e aderenti alla Giovine Italia (l’associazione sciolta negli anni ’30 e da Mazzini rifondata nel 1840). Agli inizi dell’estate del 1844 entrambi sbarcarono, assieme ad un manipolo di compagni, sulle coste calabresi nell’obiettivo di partecipare alla rivolta popolare contro il governo borbonico. Il gruppo di rivoltosi, tuttavia, comprese da subito che i moti (scoppiati a marzo) erano stati rapidamente sedati, ma i fratelli Bandiera vollero comunque proseguire nella loro spedizione incontrando, tuttavia, la resistenza o, peggio, l’indifferenza delle popolazioni locali. Traditi dal compagno Pietro Boccheciampe, che li denunciò a Crotone, i rivoltosi vennero arrestati dalle guardie austriache alle porte di San Giovanni in Fiore. Pochissime furono le grazie concesse dal re Ferdinando II e nove partecipanti alla spedizione furono condannati a morte. I fratelli Bandiera con altri sette compagni vennero fucilati nei pressi di Cosenza il 25 luglio 1844 e si avviarono provocatoriamente al patibolo cantando un coro dall’opera Caritea, Regina di Spagna di Saverio Mercadante (nota anche con il titolo di Donna Caritea) che recitava: “Chi per la patria muor vissuto è assai!”. Nonostante non fosse stata organizzata da Mazzini (che, anzi, aveva espresso pareri negativi sull’opportunità di simili iniziative) il fallimento della spedizione riaccese le polemiche dei moderati, che criticavano aspramente le fallimentari insurrezioni ispirate dai repubblicani e, di conseguenza, l’operato e i metodi mazziniani.

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Risorgimento – 1: Otto mesi in due ore ossia Gli Esiliati in Siberia (ossia Elisabetta ecc ecc) di Gaetano Donizetti

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Il fatto

Le insurrezioni del 1831, avvenute nei Ducati e di Modena e Parma (nonché in una parte dello Stato Pontificio) furono legate a doppio filo alla rivoluzione  dell’anno precedente avvenuta in Francia: infatti da un lato i moti italiani furono una conseguenza più o meno diretta di quelli francesi mentre dall’altro la stessa rivoluzione di luglio in Francia appariva come il risultato di una trama ordita proprio nel ducato di Modena e ambiguamente appoggiata dal duca Francesco IV. Francesco IV sperava infatti di sfruttare i disordini politici per creare un regno di cui potesse porsi a capo nell’Italia centro-settentrionale e, a tal fine, entrò in contatto con le società segrete dell’epoca, soprattutto con il carbonaro Enrico Misley e con Ciro Menotti, il quale auspicava un’Italia unita sotto una monarchia costituzionale. L’esito della rivoluzione di luglio, tuttavia, convinse Francesco IV ad abbandonare ogni progetto cospirativo nella certezza che l’Austria non avrebbe accettato nessun cambiamento nella situazione politica italiana: i contatti con i cospiratori vennero mantenuti ma solo per agevolare il blocco dell’imminente insurrezione. Il 3 febbraio 1831, infatti, i capi della congiura furono arrestati su ordine del duca mentre erano riuniti in casa di Menotti. La rivolta, tuttavia, scoppiò lo stesso il giorno successivo, ma a Bologna, dilagando poi in Romagna nonché a Parma e Modena (dove originariamente avrebbe dovuto avere inizio). Una marcia dal III Atto dell’opera Gli Esiliati in Siberia di Gaetano Donizetti, programmata a Modena in quel periodo, divenne l’inno dei rivoltosi, facendo sì che la censura imponesse l’immediata cessazione delle repliche. Francesco IV fuggì dalla città ma, nonostante l’iniziale successo, le divisioni interne degli insorti e la mal riposta fiducia in un intervento orleanista limitarono fin da subito le possibilità di riuscita dei moti: per le truppe asburgiche fu facile attravsersare i territori e sconfiggere i ribelli a Rimini, favorendo il ritorno all’ordine. I rivoltosi furono vittime di dure repressioni: Ciro Menotti venne impiccato nel maggio dello stesso anno.

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Risorgimento: Ditelo con i fiori

Un intermezzo musicale all’interno del ciclo dedicato da Non solo Belcanto alle opere “risorgimentali” con un’aria dell’insospettabile Rossini (considerato da sempre, giustamente, l’emblema musicale della Restaurazione) tratta da Bianca e Falliero. L’opera debuttò al Teatro alla Scala di Milano nel 1819 ma appare interessante notare come, nella ripresa del 1831, la censura abbia preteso il cambiamento del testo dell’aria cantata dalla protagonista nel I Atto. Il motivo non è difficile da ipotizzare: la combinazione di colori (rosso, bianco e verde) con cui Bianca crea la sua ghirlanda non era affatto casuale e dovette apparire così sgradita da essere sostituita con una più blanda dichiarazione d’affetti e di fedeltà.

Bianca – Gianna Rolandi

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