In edicola è disponibile una delle ultime fatiche di Riccardo Chailly alla guida della Filarmonica della Scala: l’album Viva Verdi – Ouverture & Preludi che la scorsa primavera era uscito in tutti i negozi di dischi per la Decca ed ora è acquistabile a un prezzo decisamente inferiore in abbinamento a La Repubblica e L’Espresso. La scaletta del disco prevede le esecuzioni di Ouverture e Preludi da I vespri siciliani, Alzira, La traviata, Il Corsaro, Nabucco, Giovanna d’Arco, Aida, Macbeth e La forza del destino oltre ai balletti da Jérusalem, rifacimento francese de I lombardi alla prima crociata. L’esecuzione è ovviamente eccellente e l’ascolto del disco si rivela un’esperienza addirittura esaltante, anche perché la registrazione è di notevolissima chiarezza. Tuttavia l’ascolto di alcune tra le pagine sinfoniche meno interessanti del primo Verdi, contenute nel cd, mi spinge a chiedere cosa abbia Verdi in più rispetto a molti suoi contemporanei: la Sinfonia di Nabucco è indubbiamente trascinante ed esplosiva, ma (anche prescindendo dalla rozza gestione della coda, con il tema del “Maledetto” che ricompare creando enormi grattacapi a direttori e interpreti) l’Ouverture della donizettiana Maria di Rohan è molto più raffinata e interessante… eppure fior fior di interpreti hanno inciso in studio la Sinfonia di Nabucco e nessuno credo si sia mai preso nemmeno la briga di sfogliare quella della Rohan. Con questo non voglio denigrare certo Nabucco, che trovo un’opera esplosiva e coinvolgente, ma a volte ho come l’impressione che su molti autori del Primo Ottocento aleggi un vero e proprio pregiudizio, in particolare su Donizetti. Vabbé, non c’entra nulla, quindi la finisco qui, e buon ascolto del cd di Chailly.
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