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I Quadri di Bellini – 2 – Norma

Rispetto a Sonnambula il clima estetico e espressivo di Norma appare meno problematico e ambiguo: di fatto Norma (altro libretto di Felice Romani) è un’opera che pone anche meno problemi ai registi che, di volta in volta, possono decidere di ambientare la vicenda della spergiura sacerdotessa druidica in un clima neoclassico, romantico, borghese, futuristico persino… Una simile varietà espressiva è data dalla robusta solidità del soggetto, che riesce a mantenere uno stabile equilibrio strutturale pur non rinunciando a un deciso affondo nella tradizione delle maghe schernite e/o sacerdotesse spergiure, mediando la narrazione con una nuova umanità della sua protagonista. Lo stesso Bellini, del resto, aveva le idee chiare nello scrivere a Giuditta Pasta (creatrice del ruolo) a proposito del soggetto:

Romani lo crede di grande effetto e proprio pel suo carattere enciclopedico, perché tale è quello di Norma. Egli imposterà in modo le situazioni che non avranno alcuna reminiscenza con altri soggetti, e toccherà, e sino cambierà dei caratteri se la necessità lo richiederà per cavarne più effetto.

Il modello principale del libretto di Romani è un dramma francese di Alexander Soumet, Norma, ou l’Infanticide, che unisce svariate suggestioni mitiche e storiche:

  • la donna tradita e potenzialmente infanticita (Medea);
  • il tema della sacerdotessa spergiura ai propri voti (Vestale di Spontini);
  • il clima celtico, che occhieggia alla mitica Valléda di cui anche Chateubriand parla nei suoi Martyrs.

Questo breve elenco di “precedenti” definisce benissimo le motivazioni per cui il soggetto possa definirsi al tempo stesso uguale a nessun altro e “enciclopedico”.

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