Archivio per la categoria Vincenzo Bellini

I Quadri di Bellini – 1 – La Sonnambula

Una delle opere più strane e affascinanti all’interno del parco catalogo belliniano è, indubbiamente, La Sonnambula: affascinante perché non si può non rimanere colpiti dalla sottile poesia che emana dalla sua musica, strana perché il libretto appare ai nostri smaliziati occhi contemporanei come discutibile, nel migliore dei casi, o come una sfilza di imperdonabili scemenze nobilitate dall’altezza della musica, nel peggiore. In realtà illustri studiosi (v. Bibliografia a fine pagina) hanno ormai da tempo sdoganato il capolavoro belliniano, ricostruendone con perizia il particolare e sfuggente clima espressivo in pagine interessanti e toccanti. Rimandando ai saggi indicati in Bibliografia per un discorso più approfondito provo a riassumere in poche righe: il libretto di Felice Romani venne tratto da La Somnambule ou L’arrivée d’un nouveau seigneur, un ballet-pantomime di Eugène Scribe e Pierre Aumer (1827) nonché da La Somnambule, comédie-vaudeville dello stesso Scribe e Germain Delavigne (1819) e, nell’attraversare le Alpi, il soggetto vide modificare radicalmente il proprio clima espressivo, anche grazie alla particolare poetica belliniana, immersa in evidenti richiami a modelli settecenteschi mescolati e rapide folate già pienamente romantiche. Bellini, prima di tutto, prende decisamente sul serio il libretto di Romani, in cui le connotazioni cittadine e piccanti (in una parola: borghesi) dei lavori di Scribe vengono dismesse in favore di un clima idillico e arcadico: l’atmosfera, soprattutto per quel che riguarda il coro, è quasi settecentesca nella bonaria e semplicistica descrizione della psicologia degli abitanti del villaggio, che ondeggiano tra sapidi tratti ironici e atmosfere in cui aleggia un delicato clima di mistero. Si tratta di un mondo perduto e, forse, mai esistito, contemplato con struggente nostalgia e in cui si innesta la figura dell’intellettuale Rodolfo, a metà tra il promeneur solitario e l’intellettuale illuminista, che spiega con razionalità ciò che la semplicità degli abitanti non riesce a capire, ovvero il sonnambulismo. Nulla turba troppo radicalmente questo delicato microclima e, tantomeno, non poteva farlo la scoperta che rendeva Amina figlia del Conte Rodolfo: nel rinunciare a questo snodo drammaturgico Bellini, volendo evitare la scena in sospetto d’incesto della protagonista sonnambula in camera del Conte, accentua quel clima nostalgico nei confronti di un mondo incontaminato descritto con una musica che Degrada felicemente definì “religiosa” (“religione del sentimento, degli affetti, della fraterna e partecipe comunità degli spiriti con il mondo dell’uomo e della natura”).

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Tutti i libretti di Bellini

Come già fatto per Verdi e per Rossini dedico un post anche all’integrale dei libretti belliniani, edita nel 1997 dalla Newton & Compton Edizioni sempre a cura di Piero Mioli. Anche in questo caso, come per Rossini, il volume è fuori produzione, al momento, quindi l’unica speranza di reperirlo è tramite librerie specializzate e/o particolarmente ben fornite o spulciando tra le bancarelle grazie al solito “colpo di fortuna”.
Come per Verdi e Rossini vengono pubblicati tutti libretti delle opere belliniane in edizione integrale e corredata da esaurienti e approfondite note di introduzione, nonché da ampie Appendici ricche di varianti alternative e stralci dalle fonti letterarie alla base dei vari soggetti (è il caso della Zaira di Voltaire). Particolarmente interessante appare l’Appendice alla Sonnambula, in cui viene trascritto il testo dei frammenti musicati da Bellini dell’incompiuto Ernani, l’opera che avrebbe dovuto andare in scena accanto alla donizettiana Anna Bolena nella mitica stagione del Teatro Carcano di Milano del 1830 e il cui progetto abortì per essere convertito, appunto, nella Sonnambula (dei frammenti musicati di Ernani è stata peraltro realizzata un’incisione discografica a cura della Bongiovanni).
Particolarmente interessante anche l’Appendice ai Capuleti ed i Montecchi, in cui trova spazio l’intero finale del Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj (un’opera precedente il capolavoro del catanese e composta sempre su libretto di Felice Romani) la cui scena conclusiva venne così spesso sostituita a quella belliniana da essere indicata, nell’edizioni Ricordi tradizionale, come vero e proprio “Finale alternativo su musica di Nicola Vaccaj”.
I casi di opere con versioni alternative autografe ricevono trattamenti differenti nella pubblicazione: per il giovanile Adelson e Salvini è sembrato troppo complicato relegare le varianti in Appendice, quindi i libretti della I e II versione vengono editi l’uno di seguito all’altro, mentre per quel che riguarda le varianti di Bianca e Fernando esse vengono riportate in Appendice, pubblicando nel testo la versione originale del libretto (intitolata Bianca e Gernando).
Diverso è il caso dei Puritani, di cui viene pubblicato il libretto originario in versione integrale (comprensivo quindi del Terzetto “Se il destino a me t’invola” e del duetto “Da quel dì che ti mirai”) con la struttura delle due versioni note (Parigi – Grisi e Napoli – Malibran) indicata prima del testo e i frammenti variati per Napoli (tra cui la frase di Elvira “È vostra vittima” che sostituisce “Ella è spirante”) relegati in Appendice.
Come nelle altre pubblicazioni il volume è aperto da una nota biobibliografica ed è chiuso dai Ragguagli Librari; è del pari presente la rubrica discografica dedicata a ogni titolo, ovviamente aggiornata al 1997.

Licenza Creative Commons
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Una Straniera (en attendant…)

Un inusuale, ma bellissimo, ascolto come “introduzione musicale” dei prossimi tre post di Non solo Belcanto, che saranno dedicati alla segnalazione di Tutti i libretti di Bellini e alle regie belliniane di Hugo De Ana.

Raina Kabaivanska in una struggente interpretazione della scena finale di Alaide da La Straniera di Vincenzo Bellini, tratta da un suo recital vocale. La Sofia Philharmonic Orchestra è diretta da Maurizio Arena (1981)

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Malibraniana

L’unico recupero integrale di un articolo dal mio vecchio blog (Avanguardia Lirica), anche se in questo caso più che di recupero parlerei di una radicale riscrittura. Alle note preparate in occasione dell’uscita del recital Maria di Cecilia Bartoli per la Decca ho aggiunto anche qualche breve riflessione su due prodotti successivi, sempre editi dalla Decca, ovvero il dvd del concerto di Barcellona, nell’ambito del tour “Maria”, e l’incisione integrale di Sonnambula.

MariaCecilia Bartoli

Il cd

Questa non vuole essere una recensione dell’album Maria di Cecilia Bartoli, dedicato alla figura e alla leggenda di Maria Malibran e lanciato, nel 2007, dalla Decca con grande battage pubblicitario e una serie di meritevoli iniziative per approfondire l’arte e la vita della grande artista ottocentesca. Più che una recensione mi interessa, difatti, stendere qualche veloce nota circa i criteri filologici e storici, che ho trovato abbastanza discutibili, utilizzati nell’impaginazione del programma, nella scelta editoriale delle arie, alcune delle quali venivano incise per la prima volta proprio in questo cd, e nella stesura delle note del booklet.

Il titolo, mi si passi l’ossimoro, è furbescamente ingenuo, per un album pubblicato in concomitanza con il trentennale (2007) della morte della Callas: “Maria”. Ovvio che si tratti della Malibran, però, insomma, un po più di buon gusto non avrebbe guastato (così come non avrebbe guastato in alcune delle foto del booklet): ma in un disco non mi pare tanto interessante la grafica quanto il contenuto e, come spesso avviene nell’ultima Bartoli, è stato proprio il contenuto, ricco di arie sconosciute e in prima registrazione assoluta, a spingermi all’acquisto. Proprio per questo motivo (estremo interesse musicale della proposta) credo che una maggiore cura nella presentazione del materiale musicale oggetto dell’esecuzione sarebbe stata doverosa e auspicabile.

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