AmorEstremo: Leonora, ossia l’amore coniugale di Ferdinando Paër e L’amor coniugale di Johann Simon Mayr

Il titolo del post non vuole riferirsi al discutibile film pseudo erotico-filosofico di circa 10 anni fa (intitolato, appunto, AmorEstremo) ma sottolineare il gesto (estremo sotto tutti i punti di vista) che compie la protagonista di Léonore ou L’amour conjugal (libretto di Jean-Nicolas Bouilly musicato da Pierre Gaveaux nel 1798) ovvero il travestirsi da uomo per cercare di salvare il proprio marito ingiustamente accusato. La vicenda è universalmente nota per essere stata sublimata da Ludwig van Beethoven nel suo Fidelio, ma la sua origine di “pièce à sauvetage” la ha resa appetibile anche per due compositori come Ferdinando Paër e Johann Simon Mayr, che la hanno declinata in due versioni diverse rappresentate a un anno di distanza l’una dall’altra (1804 per Paër, 1805 per Mayr): in entrambi i casi è necessario evitare inopportuni confronti con Beethoven, dato che i due autori leggono la vicenda secondo i canoni dell’opera semiseria, un genere che ho affrontato abbastanza in questo blog, tanto che ho deciso di creare un tag apposito. L’opera semiseria è uno dei capitoli più affascinanti nella storia musicale del XIX secolo: liberandosi dalle codifiche decisamente rigide dell’opera seria e di quella comica, l’opera semiseria, ispirandosi spesso a soggetti francesi, portò in Italia un’attenzione sempre maggiore a tematiche realistiche e sentimentali, una sorta di stile “medio” che, nelle sue declinazioni peggiori, ci appare come un’opera seria con incomprensibili innesti buffi ma che, in quelle migliori, risulta una tipologia sperimentale del massimo interesse, in grado di aprire la strada al realismo ottocentesco. Anche se la parola d’ordine per accostarsi ai lavori di Mayr e Paër è “dimenticare Fidelio” non si potrà, del resto, negare che anche Beethoven gestisca con molta disinvoltura uno stile “comico” che gli serve per dipingere la realtà quotidiana di personaggi come Jaquino e Marzelline nel suo “serio” Fidelio che, guarda caso, debutta nella sua prima versione intitolata Leonore un anno dopo l’opera di Paër e appena pochi mesi prima della farsa sentimentale (così dal libretto di Gaetano Rossi) di Mayr.

La trama: In entrambe le opere, come nel Fidelio, la trama è molto semplice. Leonora (Zeliska in Mayr) per salvare il suo Florestano (Amorveno in Mayr) si traveste da uomo e lavora nella prigione in cui il marito è rinchiuso, fino a sfidare il perfido Pizzarro (Moroski in Mayr), autore dell’ingiusta incarcerazione, e riunirsi così al consorte. La caratteristica della vicenda, come di ogni “pièce à sauvetage” che si rispetti, è quella di consentire un lieto fine nel momento in cui tutto sembra perduto per i protagonisti.

È interessante notare come Paër, componendo per il Teatro di Dresda, riesca a mantenersi molto fedele al plot rivoluzionario di Bouilly, che invece è discretamente stravolto in Mayr e Rossi (che avevano destinato L’amor coniugale al Teatro Nuovo di Padova) dai limiti della censura: la vicenda, infatti, è trasposta nella lontana Polonia, secondo una moda che, all’epoca, incontrava notevole favore nel pubblico grazie alla presenza di un’ambientazione suggestiva ed esotica (in Polonia avevano trovato spazio anche la Lodoïska di Cherubini nonché quella di Mayr, mentre Rossini vi ambienterà Torvaldo e Dorliska); l’azione è condensata in un unico atto, eliminando la vicenda parallela di Marzelline (in questo caso Floreska) e Jaquino (il cui personaggio è assente) e, infine, il sottotitolo (Il custode di buon cuore) non lascia dubbi circa il clima intimo e privato con cui viene “normalizzato” il potere sovversivo di una trama che in Beethoven diventerà un vero e proprio inno alla libertà. Questo clima musicale appare evidente fin dall’Ouverture:

Una volta accettata questa angolazione si dovrà però notare che la breve farsa di Mayr (nemmeno un’ora e mezzo di musica) contiene molte pagine assolutamente suggestive, destinate soprattutto alla protagonista Zeliska. La grande aria “Rendi il consorte amato” (con cui si chiude idealmente la prima metà del lavoro, prima della discesa nei sotterranei con conseguente liberazione di Amorveno / Florestano) impegna la primadonna (alla prima il soprano Margherita Chabrand) in frasi di grande patetismo ricche di suggestioni mozartiane. Ancora più affascinante, per quanto mi riguarda, la malinconica romanza “Una moglie sventurata” che viene cantata da Zeliska in presenza di Amorveno mentre scava la fossa assieme a Peters (l’equivalente del personaggio di Rocco): la comunicativa della linea melodica (con un’orchestrazione delicata e dolente), peraltro, è sorprendentemente simile a “Una volta c’era un re” della rossiniana Cenerentola, come notato dallo studioso Thomas Lindner nelle note di accompagnamento alla prima registrazione assoluta della farsa per la Naxos. La forma strofica del brano, oltre alla sua funzione drammaturgica con l’intervento in recitativo (“Ma che razza di canzone”) di Peters tra la prima e la seconda strofa, sono evidentemente derivate dal mélodrame originale di Bouilly. In generale la farsa di Mayr riconduce a un clima privato e “coniugale” la vicenda rivoluzionaria: lo stesso motivo dell’incarcerazione di Amorveno è l’amore deluso nutrito da Moroski nei confronti di Zeliska, senza quell’anelito alla luce e alla libertà che rende così emozionante e attuale per il pubblico odierno il beethoveniano Fidelio.

Da questo punto di vista è indubbio che la Leonora di Paër su libretto di Giovanni Schmidt (precedente di un anno la farsa di Mayr) sia decisamente più ambiziosa: le proporzioni, innanzitutto, sono quelle di una grande opera e l’equilibrio tra gli elementi seri e quelli comici appare raggiunto con disinvoltura mediante l’unione di brani fortemente patetici con altri in cui l’ironia riesce a mescolarsi con quel senso di realtà che è una delle caratteristiche peculiari del genere semiserio. Già il confronto tra le due Ouverture appare istruttivo nella definizione del clima musicale dei due lavori che, in Paër, appare volutamente più elevato e teso a descrivere la nobiltà e la determinazione della protagonista. Da notare anche che in Paër il nome maschile della protagonista è “Fedele” che, come il “Fidelio” della Leonore beethoveniana, allude chiaramente al sentimento di devozione e fedeltà della donna, un richiamo simbolico che scompare in Rossi e Mayr, che fanno assumere a Zeliska l’innocuo nominativo di Malvino.

In molti passaggi dell’opera di Paër sembra di cogliere anticipazioni beethoveniane: oltre alla medesima distribuzione vocale ci sono anche l’utilizzo delle stesse tonalità in momenti chiave della vicenda nonché lo sviluppo drammaturgico della stessa. Ammettere che Beethoven conoscesse la partitura di Paër non significa, tuttavia, sminuire il valore della “sua” Leonore che, di lì a qualche anno, assumerà la forma definitiva del Fidelio, né suonare ingiusto nei confronti di Paër: la Leonora del compositore di Parma, infatti, è un’opera ricca di momenti bellissimi e, se la vicenda non fosse diventata uno dei più struggenti e toccanti inni alla libertà dell’uomo mai composti, grazie a Beethoven, probabilmente oggi la Leonora occuperebbe un posto nella storia della musica a fianco di opere come La Vestale di Spontini e la Médée di Cherubini nel segnare il passaggio dal ‘700 all’800 (e del resto è noto l’aneddoto secondo cui Beethoven ebbe a dire che avrebbe voluto comporre la Marcia funebre dell’Achille di Paër). Nella gestione della vicenda da parte di Paër spicca anche la grandissima importanza assunta dal ruolo di Marcellina, che assume dimensioni e importanza che vanno ben oltre il ruolo della seconda donna, anche grazie alla presenza di un’ironico duettino nel II Atto. L’aria con cui Marcellina apre l’opera è, ad esempio, interessante e godibilissima:

Anche la parte della protagonista, destinata al soprano Francesca Riccardi, appare ricchissima di possibilità e di momenti in cui la forte carica emozionale della vicenda ha modo di emergere: ne è un esempio il ritrovamento dei due sposi nel II Atto che, peraltro, si era aperto con la grande scena di Florestano (“Ciel, che profonda oscurità tiranna”) declinata in un clima di grande efficacia e comunicativa. Nel finale, ovviamente, manca il sublime inno alla libertà beethoveniano in favore di un assieme in cui la fedeltà e la devozione di Leonora sono poste come modello a tutte le donne. I modelli di Paër sono evidenti: Mozart, soprattutto, ma anche Haydn: uno dei momenti chiave della vicenda è il disvelamento di Leonora a difesa di Florestano, reso da Paër con estrema drammaticità e verosimiglianza. La sua Leonora meriterebbe una ripresa e una prova del palcoscenico, magari in stretta vicinanza con L’amor coniugale e (perché no?) con Fidelio, in modo che l’antipatico gioco dei confronti (in cui a vincere è, ovviamente Beethoven) possa essere superato in favore di una visione più globale di come una medesima vicenda abbia ispirato stesure tanto differenti ma, in fondo, così efficaci e ben composte.

Ascoltare Leonora, ossia l’amor coniugale di Paër e L’amor coniugale di Mayr

La discografia è stata abbastanza generosa con le opere di Paër e Mayr, potendo vantare ognuna una registrazione ufficiale abbastanza curata, nel caso di Paër promossa addirittura dalla Decca che, nel 1978, radunò sotto la guida di Peter Maag un bel cast composto da Ursula Koszut, Edita Gruberová, Siegfried Jerusalem, Norbert Orth, John van Kesteren, Giorgio Tadeo e Wolfgang Brendel. Purtroppo la registrazione è al momento fuori catalogo anche se c’è da sperare che trovi la via di una ristampa in una delle numerose serie economiche che tutte le case discografiche stanno immettendo nel mercato sfruttando il proprio archivio di vecchie incisioni. L’amor coniugale di Mayr è stato invece recuperato al Festival Rossini in Wildbad nel 2004 e la Naxos ne ha approfittato per trarne una pregevole edizione in cd che, nonostante i limiti di un cast tutt’altro che perfetto, permette di farsi un’idea decisamente attendibile di questa affascinante farsa sentimentale. Christopher Franklin guida con convinzione la Württemberg Philarmonic Orchestra mentre Cinzia Rizzone, pur con delle asprezze in zona acuta, è una Zeliska in grado di esaltare la bellezza della sua musica e, in particolare, della semplice Romanza del II Atto. Edit del 19 gennaio 2013: Gian Luigi ha segnalato in un commento l’imminente ristampa in cd dell’edizione DECCA dell’opera di Paër.

Le foto che accompagnano l’articolo sono di Lucia T. Sepulveda.

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  1. #1 di icittadiniprimaditutto il 11 marzo 2012 - 18:46

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  2. #2 di Violet il 22 dicembre 2012 - 16:47

    Per questioni di studio sto cercando libretto e partitura di quest’opera. Sai per caso dove posso trovarli? Grazie! 🙂

    • #3 di Gabriele Cesaretti il 23 dicembre 2012 - 23:53

      Ma parli dell’opera di Paër? Purtroppo non ho né l’uno né l’altra… infatti è stata una faticaccia ascoltarla senza riferimenti.
      Per quella di Mayr puoi trovare il libretto qui: http://www.naxos.com/PDF/8.660198-99_sungetext.pdf#
      Ciao e Grazie.

    • #4 di Violet il 24 dicembre 2012 - 11:44

      Sì, esatto! Se ti può interessare ho trovato libretto e partitura! 🙂

    • #5 di Gabriele Cesaretti il 24 dicembre 2012 - 12:39

      Uh, ma in formato digitale? Magari grazie! La mia e-mail è nella colonna a dx ma la riscrivo: nonsolobelcanto@hotmail.it
      Grazie e Auguri! 🙂

    • #6 di Violet il 24 dicembre 2012 - 12:42

      Auguri anche a te! Te la invio appena possibile! 🙂

  3. #7 di Violet il 28 dicembre 2012 - 21:24

    Ti chiedo scusa, in realtà ho trovato quella di Gaveaux! Ti interessa lo stesso? 🙂

    • #8 di Gabriele Cesaretti il 29 dicembre 2012 - 20:49

      Scusa il ritardo nella risposta ma ho il pc ancora in sciopero: magari grazie 🙂 e Buon Anno

  4. #9 di Violet il 28 dicembre 2012 - 21:29

    Trovato anche l’altro, ma ancora nessuna nuova sulle partiture…

  5. #10 di Gian Luigi il 18 gennaio 2013 - 23:11

    Ho letto con interesse il bell’articolo! Volevo informare chi fosse interessato che nel mese di marzo uscirà per l’etichetta Australian Eloquence (Decca Australiana) l’edizione Decca del 1978,per la prima volta editata in cd!! Di seguito vi posto il link di un sito dove si potrà acquistare dal mese appunto di marzo 😀
    http://www.prestoclassical.co.uk/r/Australian+Eloquence/4804859

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